martedì 30 aprile 2013

L'alba del carro armato

Ad integrazione del precedente post sull'evoluzione dei mezzi corazzati che si sono avvicendati sul campo di battaglia ("Una Storia corazzata"), ecco una rapida ma efficace carrellata dei carri armati che, lanciati all'assalto per la prima volta in mezzo alla Terra di Nessuno tra le trincee della Grande Guerra, avrebbero nel giro di poche decine di anni rivoluzionato le principali strategie belliche impiegate in battaglie campali: da semplice supporto per la fanteria, malgrado con scopi più vicini al terrorismo psicologico che di effettiva protezione, si trasformarono progressivamente nell'ossatura dell'esercito di terra e si guadagnarono l'onore (nonché l'onere, visto il rischio a cui erano sottoposti gli equipaggi) di gestire la prima linea di attacco, sulle cui capacità di penetrazione si giocava buona parte delle sorti dell'attacco. Viceversa, i soldati a piedi, che appena un secolo prima avevano lanciato un certo Napoleone Bonaparte verso il trionfo, finirono sempre più per costituire un corpo d'appoggio, non per questo meno fondamentale, il cui compito rimaneva quello di rinforzare il fronte alle spalle dei corazzati, assicurando i territori conquistati dal punto di vista logistico, senza per questo rinunciare ai tradizionali scontri a fuoco nelle retrovie.
Sebbene l'idea si debba esclusivamente al genio degli Inglesi, da sempre innovatori in ambito militare, il video illustra come nessun contendente si tirò indietro di fronte alla prospettiva di spezzare lo schieramento di trincee a fronte di perdite contenute. Tuttavia, si trattava principalmente di imitazioni grossolane, volte soprattutto ad assicurare il prestigio dell'industria nazionale.




L'apertura delle ostilità


La quotidianità della Guerra


Stralci del diario di guerra tenuto da Andrea Adamoli, soldato di origine abruzzese di stanza sul Piave, che dal 1916 al 1918 cattura con brevissimi trafiletti il dramma giornaliero del fronte, tra visite mediche, bombardamenti notturni e interminabili turni di guardia; il linguaggio risulta molto elementare, ricco di termini dall'assonanza dialettale e di evidenti errori ortografici, ma non per questo meno significativo, vista l'alto tasso di analfabetismo che ancora regnava nell'Italia di inizio Novecento. Non mancano le descrizioni delle armi e dei mezzi di trasporto tipici dell'epoca, rese in maniera altamente spontanea. Per il diario completo, si vada qui:
http://www.adamoli.org/narro/diario-guerra-antonio-adamoli/page0007.html



Gennaio 1916




1916. 
Genaio 
21 Partito dacasa andato a Margno a far firmar lalicenza, e poi a Vendrogno ofato colazione e poi Abellano aprendere iltreno delle 3 1/2 arivato a Lecco sono stato del Carlo acena e dormire, [...] 
22 Fatto qualche affari a Lecco e fatto colazione poi Partito con iltreno delle 14,20 per Edolo e dormito. 
23 Edolo caffè epartenza a Veza Doglio fermato a Veza Doglio. 
24 Partenza Veza Doglio siamo arivati a Precasaglio e abiamo pernotato 
25 Saliti alla cima Rodi strada bella tempo bello. 
26 Sveglie caffè piantone alle camerate smarito una mantelina indebitata amè 
27 Sveglie caffè adunata carico dilegna alla baita del Tonale dopo ilrancio siam andati aprendere laspesa alla tela ferica tempo bello 
28 sveglia caffè 2 viaggi alla telaferica. 
29 sveglia caffè 1 viaggio alla Telaferica 
30 sveglia caffè qualche canonate al castellucio e Laghi scuri. sera unviagio alla telaferica e trovato logetti che è dicucina alla detta (?) e ce dabere. tempo bello dormire alle 9 1/2 
31 sveglia caffè dopo ilprimo rancio son mandato diguardia. servizio di corispondenza con Boffa, Speziali e unaltro di [...] tempo fiocoso e fredo"



Maggio 1916


  

  Maggio 
1,2 3 4 Solito andamento e tempo bello solita istruzione 
4 Saputo duna avanzata 
5 Spiegazione d'iagire verso il nemico distribuzione viveri ed'altri indumenti alla sera partenza alle 9 1/2 alcomincia dell'andata siè messo apiovere acqua atorenti e à continuato tutta notte e giorno 6 senza un minuto di tregua ma fortissima. arivati sotto latrincea nemica il matino alle 6 fermati aspetare ordini e siamo rimasti insino alle 3 dopo 1/2 giorno, venuto sorpreso lasalto siamo ritornati adietro ma sempre con dirotta pioggia arivati al'acontanamento che nonsiconoscevamo franoi disfigurati e come se fossimo salvati dun naufragio come sitrovammo siam adormentati
7 Lavare e farsi asciugare tempo piovoso 
8 Mian scelto afare istruzione altelegrafo. cioè laparecchio Faini istruzione almatino e dopo 1/2 giorno. pioggia 9 Matino piogia istruzione senpre alaparechio Faini intorno dopo 1/2 giorno in compagnia che è smesso apiovere 
10 Matino Beltempo fuori compagnia aldopo mezo giorno preparamenti ancora per andar ad unavanzata dopo preparati siam partiti alla sera alle 6 abim viagiato tutta notte. e siam fermati distante dalbergo dove si doveva far. insino almatino che abiam cominciato 
11 asparare circa le 6 1/2 insino alle 9 miricorderò... all dopo 1/2 giorno sonvenuto abasso inunpicolo paese a Sedise (?) portar unordine e avuto ardine di fermarsi insino anuovo aviso ora sonquà ancora ad'aspetare chè è 16 senpre senza mangiare e acuello chedevo fare fatto sapere in compagnia che mian fatto rientrare subito che ero dimenticato rientrato 16 



Gennaio/Febbraio 1917


17 Partiti da Ciredo per Piovene. marcia da trenta chilometri circa, arivati a Piovene alla sera 

18 La compagnia partita e andata intrincea alla sera con tutte salmerie aportar [...]. fermati 3 giorni a Piovene e poi ritornati indietro insino a Schio 

20 odovuto andar aconpagniare mio capitano che rivava da licenza insino a Castana (?) strada tutta abatuta dal'artiglieria ritornato a Schio Villa Dellavecchia e son rimasto là insino il 6 Febraio che poi son andato inlicenza 15 giorni avanti fatto Mensa Sg [...] senza […] 

Febbraio 

Arrivato da licenza il 24 [...] giorni adietro ò dovuto andar aprendere [26] mio capitano in trincea e ofatto due giorni e due notte amotivo che il primo giorno nona potuto venire perche era venuto chiaro e così o soferto unfredo potente e una fatica damè mai soportata. 

27 Partenza da Schio e siamo ritornati a Ciredo che mison poi fermato un po digiorni e poi miè cominciato afarmi male un gelone mison dato amalato tre o quatro giorni infin chè mian mandato alospital dacampo n. 99 a Montecchio Superiore che mison fermato entrato il 17 insin al 22 
28 mian mandato a Vicenza a unospital da Riserva e mison fermato 2 giorni e son partito da Vicenza il 25 per Caserta, che ciò inpiegati 48 ore son rientrato nelospital da Caserta il 29 delmatino 


GAS! GAS!! GAS!!!!

"Ha la bocca spalancata e urla qualcosa ch'io non arrivo a sentire: continua a scrollarmi, si avvicina; e in un momento di minor rumore, le sue parole mi raggiungono: <<Gas! Gas! Gas! Passa la voce!>>. Metto mano alla maschera.. a qualche distanza da ma qualcuno è disteso. Io grido, mi trascino vicino a lui, lo picchio con l'astuccio della maschera, ma non sente nulla; ancora. [...] Guardo disperato Kat, che ha già messo la maschera; allora anch'io sciolgo la mia.[..] Questi primi momenti con la maschera calata, decidono della vita e della morte di un uomo: sarà impenetrabile? Ho presenti le orribili cose viste all'ospedale: gli asfissiati, che soffocando giorno per giorno vomitano pezzo per pezzo i polmoni abbruciati" Erich Maria Remarque, "Niente di nuovo sul fronte occidentale"  





mercoledì 24 aprile 2013

Una Storia corazzata

Combinare elevata potenza di fuoco insieme ad un'armatura impenetrabile, al riparo della quale un pugno di uomini possa tenere testa ad un intero esercito, il tutto in movimento: ecco la strategia ideale che generazioni e generazioni di generali hanno tentato, con più o meno fortuna, di attuare sul campo di battaglia. Il prototipo, apparentemente insospettabile, getta le radici nel Medio Oriente del secondo millennio a.C., sotto le sembianze del carro falcato di invenzione assira, successivamente reinterpretato da Egizi e Persiani; un carro da guerra trainato da cavalli (che all'epoca non venivano ancora cavalcati, perlomeno in guerra, ma soltanto sfruttati come forza motrice) e munito di lame taglienti sulla testa e sul timone, sui mozzi delle ruote e sulle sponde. Al suo controllo presiedeva un auriga, mentre un secondo soldato, solitamente armato di lancia o preferibilmente arco, scagliava proiettili la cui velocità andava sommata a quella del mezzo, aumentando di conseguenza la penetrazione all'interno delle corazze nemiche.



Il suo utilizzo tramontò in epoca romana, come testimonia questo passo tratto dall' "Epitoma Rei Militari" di Vegezio:

"Il re Antioco e Mitridate utilizzarono in guerra quadrighe falcate. Queste dapprima incussero grande terrore, ma in seguito divennero oggetto di derisione. È infatti difficile trovare un terreno completamente pianeggiante per il carro falcato, il minimo ostacolo gli impedisce la via e viene catturato se solo uno dei due cavalli viene colpito o ferito. Ma la maggior parte di essi furono annientati da questa tecnica adottata dall'esercito romano:non appena si ingaggiava la battaglia, i Romani improvvisamente lanciavano su tutto il campo triboli, contro i quali le quadrighe in corsa scontrandosi si distruggevano. Il Tribolo è una macchina da difesa formata da quattro pali, che, in qualsiasi modo si scagli, sta su tre piedi ed è pericolosa per il quarto piede, che sta dritto"


Fu quindi il turno degli stessi romani introdurre una nuova soluzione bellica capace di contenere le perdite in campo aperto: la temutissima "testuggine" costituiva la nemesi di qualsiasi assediato. Si trattava non più di un vero e proprio mezzo, bensì di una formazione altamente organizzata di legionari, che univano i propri scudi rettangolari a formare una coriacea muraglia su tre lati e sul capo, in modo tale da contrastare il lancio di pietre e frecce dalle mura verso cui la testuggine si avvicinava minacciosa. L'unico punto debole risiedeva appunto nella mancata copertura della retroguardia, una falla che Annibale non mancò di sfruttare nella disfatta di Canne del 216 a.C., durante la Seconda Guerra Punica.




Il Medioevo non apportò grandi cambiamenti al concetto di "carro corazzato", forse perché erano ritenute più che sufficienti le pesanti armature (nel XV secolo si arriverà addirittura a 50 chili, tanto che nessun cavaliere poteva fare a meno del supporto di un paggio incaricato di vestire il proprio signore e di soccorrerlo in caso di ferite) che ogni nobile doveva procurarsi, non soltanto per assicurarsi la dovuta protezione, ma soprattutto per ribadire il proprio status sociale. Nel 1335, però, Guido da Vigevano ultima la sua opera più nota, il "Texaurus regis francie", dove, su incarico di Sua Maestà in persona, illustra le principali innovazioni che offre la tecnologia militare del tempo, con particolare riguardo alla modularità degli elementi costituenti (non si dimentichi che la Guerra dei Cent'anni sarebbe scoppiata da lì a due anni, da qui il bisogno di soluzioni pratiche e facilmente riproducibili); non manca nemmeno una sorta di carro semovente, il cui progetto leggermente utopistico viene presentato a cavallo dei capitoli undicesimo e dodicesimo. Un complesso sistema di ingranaggi, nascosti all'interno di una pesante armatura, mette in moto un primitivo albero motore che trasmette il movimento a ruote dentate, per favorire la presa anche su terreni fangosi; la novità sta però nell'alimentazione di questa diavoleria, che può essere trainata da cavalli, come anche azionata dagli stessi uomini al suo interno o perfino, udite udite, appoggiarsi sulla forza del vento, alla stregua di un mulino su ruote. Ovviamente, a tutt'oggi non risultano riproduzioni realistiche ed efficaci di questi disegni, che tuttavia funsero da ispirazione per il trentenne Leonardo da Vinci, che nel 1482 si apprestava a stupire Ludovico il Moro con tutta una serie di progetti avveniristici, al fine di ingraziarsi il duca di Milano, notoriamente di animo bellicoso. 

""Farò carri coperti, securi e inoffensibili; e quali intrando intra li nimici con le sue artiglierie, non è sì grande moltitudine di gente d’arme che non rompessimo. E dietro a questi potranno seguire fanterie assai illese e senza alcuno impedimento." (Codice Arundel, foglio 1030)

Una corazzatura a piastre metalliche culminava con una sorta di torretta di osservazione, da cui uno degli otto uomini dell'equipaggio forniva le indicazioni balistiche necessarie a dirigere il fuoco della batteria di cannoni distribuita lungo tutta la circonferenza della testuggine lignea. La trazione spettava agli stessi soldati, in quanto l'impiego di animali sembrava rischioso a causa della possibilità che le esplosioni li spaventassero, portando il carro fuori controllo. 


Per i tre secoli successivi, nessuno si curò più di sviluppare armi del genere, probabilmente in mancanza di un'adeguata protezione dalle armi da fuoco. Eppure, con l'avvento dell'acciaio, si fece strada la possibilità di creare corazze sufficientemente spesse da rintuzzare, o almeno frenare, i proiettili nemici, senza rinunciare alla mobilità assicurata dai combustibili moderni, che permettevano di rimpiazzare gli ingranaggi pesanti e soggetti ad inceppamento con semplici motori a scoppio. Furono gli Inglesi a giocarsi per prima questa carta sul campo di battaglia, in piena Prima Guerra Mondiale, come ben descrive Simone Pellizza nel suo saggio online intitolato "Piccoli Titani":





Il termine del conflitto sancì una vera e propria escalation internazionale, volta a schierare di volta in volta il carro armato che meglio coniugasse manovrabilità, potenza di fuoco e protezione. La Germania, cui gli accordi di Versailles avevano espressamente vietato qualsiasi operazione in ambito militare, sviluppò in gran segreto quelli che sarebbero passati alla Storia come "Panzer" (mentre alla comunità internazionale si mostravano filmati inerenti ad esercitazioni con carri di cartone, apparentemente innocui e rassicuranti per le ignare potenze avversarie), i quali nel corso dell'Operazione Barbarossa si sarebbero violentemente scontrati con i famigerati T-34 di Stalin, che, insieme ai successivi modelli T prodotti in serie dalle industrie trasferite al di là degli Urali, avrebbero ricacciato la Wehrmacht fin nei sobborghi di Berlino. Anche sul fronte occidentale vennero schierati fior fiore di carri armati, a partire dagli Sherman americani, che guidarono sia lo sbarco in Normandia, sia l'offensiva delle Ardenne. I Crusader inglesi invece ebbero facilmente ragione dei corazzati in forze all'esercito sabaudo di stanza in Tripolitania; Rodolfo Graziani, comandante del contingente italiano nel biennio 1940-1941,  aveva a disposizione soltanto i carri leggeri L3/35, che, seppur decisamente più veloci del loro corrispettivo inglese (42 contro 24 km/h di velocità di punta), presentavano una corazza spessa a malapena un sesto, uno spazio per l'equipaggio talmente ridotto da poter ospitare a malapena due uomini e una totale mancanza di cannoni, a fronte di un paio di mitragliatrici da 8mm che facevano il solletico ai pochi, ma pesanti, blindati anglo-egiziani. Inutile spiegare il perché dell'appellativo "Scatolette di sardine" che i nostri soldati affibbiarono a quei carri armati terribilmente arretrati...



E oggi? Sul panorama bellico spiccano svariati modelli, dal Leclerc d'Oltralpe al Leopard della nuova Germania, mentre l'Italia recupera un po' di terreno (e di reputazione) con un Ariete forse non all'altezza dei suoi colleghi, ma comunque dotato di una discreta efficienza. Niente comunque può competere con l'Abrams M1 che la Casa Bianca ha più volte schierato nei conflitti combattuti a partire dal 1981, data d'inizio della sua produzione: ha costituito l'ossatura dell'attacco terrestre nel corso dell'Operazione Desert Storm (Prima Guerra del Golfo), per poi riaffermare la sua dimestichezza col deserto nell'occupazione dell'Iraq di Saddam Hussein. La scheda tecnica (tratta da Wikipedia) che lo accompagna ha dell'incredibile: 



Tipo Main Battle Tank
Equipaggio 4 uomini (comandante, pilota, puntatore e servente al pezzo)
Progettista Chrysler Defense (now General Dynamics Land Systems)
Costruttore Lima Army Tank Plant (1980-present)
Detroit Arsenal Tank Plant (1982–1996)
Data entrata in servizio 1981
Utilizzatore principale Stati Uniti
Esemplari Oltre 9000
Costo unitario US$6.21 milioni (M1A2 / FY99)

Dimensioni e pesi

Lunghezza 9,766 m
Larghezza 3,655 m
Altezza 2,895 m
Peso M1: 55,7 t
M1A1:61,3 t
M1A2: 62,1

Propulsione e Motore 
turbina a gas Avco Lycoming AGT-1500
Potenza 1500 hp
Rapporto peso/potenza 24
Trazione cingolata
Sospensioni barra di torsione

Prestazioni

Velocità su strada 56 km/h (M1A2)
Velocità fuori strada 40 km/h (M1A2)
Autonomia 465,29 km (con sistema NBC in uso: 449,19 km)
Armamento e corazzatura
Armamento primario M1: cannone M68 da 105 mm rigato
dall'M1A1 in avanti: cannone a canna liscia M256 da 120 mm
Armamento secondario 1 mitragliatrice M2 da 12,7 mm
2 mitragliatrici M240 7,62 mm
Corazzatura Composita Chobham

Un'ultima curiosità: l'Abrams M1 si è guadagnato il soprannome di "gas guzzler", ovvero "tracannatore di benzina", a causa del suo smodato consumo di benzina, dell'ordine di 450 litri per 100 km. Che dire, anche in periodo di crisi, con il prezzo del petrolio alle stelle, sembrano soldi assolutamente ben spesi, almeno a giudicare dalla prestazioni riprese in questo video... 








Sun Tsu-L'Arte della Guerra

Circa duemilatrecento anni fa, nella regione che corrisponde all'odierna Cina settentrionale, un gruppo di generali mise per la prima volta in forma scritta la sua saggezza collettiva. Tale testo avrebbe modellato il pensiero strategico di tutta l'Asia Orientale secondo una prospettiva radicalmente nuova, in grado di portare alla vittoria senza combattere. Noto in Occidente come "L'Arte della Guerra", tale testo in Cina è tuttora chiamato Sun Tzu, dal nome del patriarca di quella stirpe di militari: un maestro di strategia che, a detta della leggenda, divenne celebre per le brillanti campagne condotte all'epoca di Confucio, nel VI secolo a.C.




L'opera di strategia militare di Sun Tzu venne trasmessa ai suoi successori, grazie dapprima alla tradizione orale e poi alla solerte trascrizione su strisce di bambù. Gradualmente tale saggezza divenne nota anche ai non militari e cominciò a diffondersi in tutta l'antica Cina. Era apprezzata dai primi imperatori, perché il catalogo della biblioteca imperiale del I secolo avanti Cristo ne elenca una copia. La reputazione del testo si diffuse dalla Cina a tutta l'Asia Orientale a la figura di Sun Tzu venne a rappresentare il modello supremo del pensiero strategico. Ne vennero influenzati più o meno direttamente generali del calibro di Douglas MacArthur, politici e persino monarchi o dittatori, da Napoleone a Hitler passando per Mao Tse Tong, che ovviamente lo sfruttò anche a livello di propaganda in modo da esaltare la superiorità culturale cinese.




All'interno dei suoi tredici capitoli domina uno spirito al limite tra filosofico e mistico, impregnato di saggezza tradizionale che suona leggermente ostica alle orecchie di un Occidentale; la struttura si presenta ricca di ripetizioni e frasi a stampo poetico, talvolta inframmezzate da sequenze onomatopeiche o cori, probabilmente studiata ad arte per favorirne la memorizzazione e la trasmissione in mancanza di un supporto cartaceo. Eppure, tra le righe emergono a volte riferimenti ad armi e materiali in uso nella Cina del I millennio prima di Cristo, per quanto lasciati a margine della trattazione vera e propria, poiché "Il più grande condottiero è colui che vince senza combattere". Ecco dunque una serie di brevi citazioni in cui è possibile individuare il germe del fervore tecnologico-militare che avrebbe portato, nel corso dei secoli, gli artigiani cinesi a sviluppare armi come la balestra e il cannone, in seguito importati in Europa e diventati imprescindibili sul campo di battaglia.



"In breve, questo è il metodo per organizzare le operazioni militari: un migliaio di carri da guerra veloci, un migliaio di carri coperti di cuoio, centomila fanti armati e la possibilità di trasportare le provviste per più di mille li (unità metrica cinese per le distanze, corrispondente a circa 500 metri). Per le spese in patria e sul campo di battaglia, per gli stipendi dei consiglieri stranieri, per i costi dei materiali come la colla e la lacca, dei carri e delle armature, lo Stato dovrà provvedere mille monete d'oro al giorno. Se si dispone di tanto, si potranno allora mobilitare centomila soldati"





"E per quanto riguarda le risorse della famiglia regnante, per sostituire carri rotti, cavalli sfiniti, armature, elmi, frecce, balestre, alabarde, scudi, lance e scudi trasportabili, i sette decimi delle ricchezze delle famiglie nobili sono già svaniti"




"Il metodo per attaccare le città fortificate, preparando torri d'assedio e carri protetti dagli scudi, ci vogliono almeno tre mesi. Anche erigere terrapieni richiede tre mesi"




"Quando combatti di giorno, usa tamburi e campane in gran quantità, sono i mezzi per unificare le orecchie e gli occhi delle truppe."




"E così, colui che usa il fuoco per facilitare un attacco sarà vincitore. Colui che usa l'acqua per facilitare un attacco sarà forte. L'acqua può essere usata per isolare, ma non per distruggere."


  



Status Quo


L'Europa che fa da scenario al crescere della tensione, all'inizio del 1914, presenta confini ben definiti, frutto di un periodo di relativa pace che rimonta fin quasi alla guerra Franco-Prussiana del 1870; al centro spicca la Germania in forte espansione economica, capace di dare filo da torcere alla Corona Britannica (che controlla ancora l'Irlanda meridionale), tradizionale guida del continente al fianco di una Francia decisamente ridimensionata rispetto ai fasti napoleonici del secolo precedente. Nella penisola iberica, Spagna e Portogallo (quest'ultimo sfruttato anche come base navale dall'Inghilterra) rimpiangono i loro decaduti imperi coloniali, mentre l'Impero Austroungarico mira a salvaguardare il proprio territorio dai focolai indipendentisti che incendiano i Balcani. Ad est, l'influenza dello Zar Nicola II si protende fin nel cuore della Polonia, da sempre zona di spartizione per le potenze centro-orientali e finisce per entrare in conflitto con gli interessi del moribondo Impero Ottomano, bel lontano dall'estensione geografica su cui potevano contare i califfi medievali. Al centro del Mediterraneo, una neonata Italia, ancora in fase di ripresa dopo le divisioni post-risorgimentali, guarda con bramosità alle regioni del Trentino e di Trieste, in mano agli Austriaci. Qua e là, stati cuscinetto neutrali, quali Svizzera e Paesi Bassi, temono che le ostilità finiranno per coinvolgerli loro malgrado. Fissate per alcuni minuti la cartina pubblicata in cima alla pagina. Fatto? Bene, ora scordatevela pure: a guerra conclusa, il Vecchio Mondo avrà subito il più grande sconvolgimento territoriale dall'epoca del crollo dell'Impero Romano d'Occidente. Ebbene sì: il fuoco di un mortaio è capace di tracciare un confine molto più rapidamente di quanto possa riuscirvi il migliore dei cartografi...

giovedì 18 aprile 2013

"Uomini contro" e corazze di latta



In una scena ormai tristemente entrata nell'immaginario collettivo, ecco la sequenza del film "Uomini contro" in cui il generale Leone intima alla sua divisione "corazzata" di andare allo sbaraglio nella Terra di Nessuno per interrompere la linea di reticolati nemici tramite cesoie; la sua sicurezza risiede nell'impiego di quella che dovrebbe costituire una difesa personale insuperabile, ma che alla prova del fuoco si dimostra più goffa di un'armatura medievale, senza tuttavia replicarne la robustezza. Si tratta della speranza utopistica che lo spessore di una manciata di centimetri di acciaio possa frenare l'impatto di un proiettile di mitragliatrice esattamente come un cavaliere si proteggeva dalle frecce nemiche, che ovviamente però presentavano una capacità di penetrazione nettamente inferiore. L'episodio è tratto dal libro che fornisce ispirazione all'opera cinematografica, ovvero "Un anno sull'altipiano" di Emilio Lussu, un diario autobiografico di guerra tenuto da un ufficiale di stanza sul Carso; la veridicità storica del reale utilizzo di tale soluzione bellica rimane dubbia, anche se si registra effettivamente un tentativo di introdurre le cosiddette "corazze Farina". Erano la protezione blindata principale dei membri delle compagnie della morte incaricati di aprire i varchi nei reticolati nemici. Realizzate in taglia unica, pesavano 9250 grammi ed erano formate da un piastrone trapezoidale,della misura di mm 30x40 circa, composto da 5 strati di lamiera d'acciao al nichel-cromo, incurvati verso i fianchi dello spessore totale di mm 6 e tenuti insieme da 23 chiodi ribattuti lungo i bordi, e da due para-spalle blindati mobili composti da 4 strati. Due linguette metalliche articolavano i para-spalle. Fissate al bordo esterno due bretelle con fibbia scorrevole venivano incrociate sulla schiena ed allacciate sul davanti. Due bracciali fissati all'interno permettevano di impugnare la corazza come uno scudo. La ditta Farina dichiarava la corazza resistente alla perforazione da parte del proiettile cal.6,5 mm del mod.'91 esploso da non meno di 125 metri. Dalla fabbrica uscì anche un altro tipo di corazza modello "Corsi" che non fu mai adottata ufficialmente dalle autorità militari. Questo modello era costituito da lamine in acciao al nickel cromo ad altissima resistenza e vennero poste in vendita privata. Per la loro struttura snodata ebbero il grande vantaggio di non intralciare i movimenti al punto da poter essere indossate sotto la giubba d'ordinanza. Le sperimentazioni avvennero con esito favorevole alla scuola di fanteria di Parma e alla scuola di tiro a Nettuno, con pallottole da fucile '91 e con pallottole da pistola Glisenti Mod.1910. Ma l'impatto contro le mitragliatrici austriache, forse più potenti delle armi impiegate nei test di laboratorio, rivelò tutta l'inadeguatezza di queste armature, segnando il definitivo tramonto del sogno di contrastare la forza dei proiettili sul corpo dei soldati...


giovedì 11 aprile 2013

The War Poets

Dulce et Decorum Est

Bent double, like old beggars under sacks,
Knock-kneed, coughing like hags, we cursed through sludge,
Till on the haunting flares we turned our backs
And towards our distant rest began to trudge.
Men marched asleep. Many had lost their boots
But limped on, blood-shod. All went lame; all blind;
Drunk with fatigue; deaf even to the hoots
Of tired, outstripped Five-Nines that dropped behind.

Gas! GAS! Quick, boys! -- An ecstasy of fumbling,
Fitting the clumsy helmets just in time;
But someone still was yelling out and stumbling
And flound'ring like a man in fire or lime . . .
Dim, through the misty panes and thick green light,
As under I green sea, I saw him drowning.

In all my dreams, before my helpless sight,
He plunges at me, guttering, choking, drowning.

If in some smothering dreams you too could pace
Behind the wagon that we flung him in,
And watch the white eyes writhing in his face,
His hanging face, like a devil's sick of sin;
If you could hear, at every jolt, the blood
Come gargling from the froth-corrupted lungs,
Obscene as cancer, bitter as the cud
Of vile, incurable sores on innocent tongues, --
My friend, you would not tell with such high zest
To children ardent for some desperate glory,
The old lie: Dulce et decorum est
Pro patria mori.




The French Soldier and His Bayonet 

Farewell, my wife, farewell, Marie,
I am going with Rosalie.

You stand, you weep, you look at me—
But you know the rights of Rosalie,

And she calls, the mistress of men like me!
I come, my little Rosalie,

My white-lipped, silent Rosalie,
My thin and hungry Rosalie!

Strange you are to be heard by me.
But I keep my pledge, pale Rosalie!

On the long march you will cling to me
And I shall love you, Rosalie;

And soon you will leap and sing to me
And I shall prove you, Rosalie;

And you will laugh, laugh hungrily
And your lips grow red, my Rosalie;

And you will drink, drink deep with me.
My fearless flushed lithe Rosalie!

Farewell, O faithful far Marie,
I am content with Rosalie.

She is my love and my life to me.
And your lone and my land—my Rosalie!

Go mourn, go mourn in the aisle, Marie,
She lies at my side, red Rosalie!

Go mourn, go mourn and cry for me.
My cry when I die will be ‘Rosalie!’


Una Guerra senza sconti

Cambiano i tempi, le armi si affinano, i numeri in gioco aumentano, ma il risultato rimane praticamente lo stesso; all'epoca di Francesco di Giorgio, ingegnere militare che nel suo "Trattato di ingegneria civile e militare" descrive l'abbandono del trabucco medievale a favore dei primi prototipi di cannone, l'esito di un assedio dipendeva prima di tutto dalla disponibilità economica della fazione che decideva di accamparsi ai piedi di una fortificazione al fine di espugnarla. In mancanza di rinforzi esterni, l'unica speranza per gli assediati consisteva infatti nell'opporre resistenza ad oltranza in modo tale da fiaccare il morale dei nemici e costringerli a portare avanti per mesi, se non addirittura anni, una campagna statica e incredibilmente dispendiosa, principalmente a causa degli stipendi dei soldati, della necessità di rifornire gli stessi regolarmente e della manutenzione delle armi di assedio. Una situazione che non mancherà di ripetersi in pieno Novecento, quando, venuti meno castelli e torrioni, la guerra di posizione si configura ora come un interminabile confronto tra schieramenti di trincee scavate nel terreno, in mezzo a cui anche i pezzi di artiglieria più precisi non riescono a fare la differenza, mentre assume determinanza strategica imprescindibile il costante influsso di uomini e materiali al fronte. Tuttavia, rimpiazzare i caduti con forze fresche, curare i feriti per limitare le perdite, schierare una linea di tiro sempre adeguata e quant'altro, comporta uno sforzo finanziario non indifferente, a maggior ragione visto che si ha a che fare con cifre vertiginose come quelle della Prima Guerra Mondiale, e non più soltanto con un manipolo di mercenari. Giusto per farsi un'idea di quanto tutto ciò possa avere influito sugli equilibri della Grande Guerra, ecco un accuratissimo resoconto dei costi sostenuti dal Regno di Italia, ricordando che quest'ultimo dovette affrontare un anno in meno di conflitto e che in ogni caso il suo impegno fu tutto sommato abbastanza limitato e circoscritto al solo fronte veneto. Lascio allora immaginare quale possa essere stato il salatissimo conto pagato da potenze del calibro di Inghilterra e Germania, che schierarono contingenti decisamente superiori...

http://cronologia.leonardo.it/mondo23a.htm

mercoledì 10 aprile 2013

"War Horse"- Il tramonto della cavalleria

"Kat dice: "Cavalli feriti". [...] Le masse nere dei cavalli esitano, si afflosciano. Finalmente! Ma non è finita ancora. Gli uomini non riescono ad avvicinarsi ai cavalli feriti che, terrorizzati, scorrazzano qua e là tutto, il dolore nelle loro gole spalancate. Una delle figure nere mette un ginocchio a terra; si ode un colpo: un cavallo si abbatte, ancora uno. L'ultimo punta sulle gambe davanti, e si gira in tondo come una giostra; si gira in cerchio con la groppa a terra; avrà la spina dorsale fracassata. Un soldato accorre e lo abbatte; lento, umile, scivola a terra." - Erich Maria Remarque, Niente di nuovo sul fronte occidentale





















lunedì 8 aprile 2013

L'esercito di terracotta



Nel 1970 nei dintorni del monte Li, in piena Cina settentrionale, furono rinvenuti alcuni frammenti di statue in terracotta, grazie a cui emersero nuove informazioni sulla scultura e sull'organizzazione militare dell’Antica Cina. Quattro anni più tardi, nel corso dei lavori di scavo a Xian condotti da contadini locali, a circa 1500 metri dal tumulo imperiale, venne riportato alla luce il mondo sotterraneo di Qin Shi Huangimperatore della Cina dal 246 al 221 a.C. Qui vennero individuate circa 6000 statue in terracotta raffiguranti i guerrieri dell'esercito imperiale, ognuno diverso da un altro, realizzati con impressionante realismo (immortalati addirittura con le eventuali deformazioni o mutilazioni che possedevano i modelli originali in vita).
L'altezza delle statue varia da 1,75 a 1,95 metri, in contraddizione con la statura media della popolazione locale, ed esse si presentano piene dalla vita in giù, con un incavo nella parte superiore del corpo, probabilmente per conferire loro maggiore equilibrio e assicurarsi che non si sbilanciassero fino a cadere. Oltre alle truppe di fanteria leggera, non mancano nemmeno gli arcieri e circa 100 carri trainati da 400 cavalli. L'armamento più diffuso tra le truppe consiste in lance di legno e bronzo, sebbene la componente lignea fosse irrimediabilmente rovinata al momento della scoperta, al contrario delle punte metalliche ritrovate ai piedi delle statue.


 Qin Shihuang è stato il primo imperatore ad unificare la Cina, celebrato per aver adottato una serie di misure per promuovere lo sviluppo della società, dell'economia e della cultura, come l'unificazione monetaria, dei caratteri e delle unità di lunghezza, capacità e peso. Nel frattempo per prevenire le aggressioni delle minoranze della Cina settentrionale, egli costruì la Grande Muraglia come mezzo di difesa dai nemici. Queste misure fecero di lui un famoso uomo politico nella storia cinese.
Tuttavia Qin Shihuang si distinse anche per la sua crudeltà. Per controllare la mente del popolo, adottò iniziative disumane, quali ordinare il rogo dei libri non corrispondenti ai criteri governativi e seppellire vivi molti letterati che nutrivano opinioni diverse dalle sue, in modo da tutelare il potere della Dinastia QinSubito dopo aver unificato il paese, l'imperatore Qin Shihuang iniziò a progettare la sua tomba, a cui lavorarono circa 700.000 uomini provenienti da tutto il paese per circa 40 anni; l'incredibile mobilitazione non permise tuttavia che il cantiere fosse completato prima della sua morte.
Il Mausoleo dell'imperatore Qin Shihuang è posto un chilometro a nord del Monte Lishan alla periferia di Xi'an, nella provincia dello Shaanxi, e copre una superficie di 56 kmq. La base della struttura è pressochè quadrata, con una lunghezza da sud a nord di 350 metri, da est a ovest di 345 metri e un'altezza di 76 metri, e dal punto di vista generale ha la forma di una piramide. Attraverso ricerche, gli archeologi cinesi hanno scoperto che intorno al mausoleo sono sparse circa 5000 fra fosse per il corredo funebre e tombe secondarie di dignitari, nonché fosse comune destinate agli operai che hanno preso parte alla costruzione. La camera funeraria, non ancora portata totalmente alla luce, sarebbe così profonda da attraversare 3 livelli di falde acquifere, circondata da pareti bronzee e percorsa da fiumi di cinabro, ovvero solfato di mercurio che, per la filosofia taolista, sarebbe un attivatore energetico per l'immortalità. 
Documenti storici riferiscono che l’imperatore aveva una morbosa paura della morte. Si spostava continuamente nel suo palazzo reale che era composto da ben diecimila stanze e non dormiva mai nella stessa stanza per due volte di seguito, nella paura che gli spiriti maligni potessero ucciderlo. Probabilmente questa fobia lo indusse a costruire il mausoleo con l’esercito di terracotta pronto a difenderlo per l’eternità. In realtà fu proprio il suo rifuggere l'aldilà a condurlo verso una prematura fine, in quanto finì per dare retta ai medici di corte che suggerivano un trattamento rigenerativo a base di sferette di mercurio che l'imperatore consumava quotidianamente, ignaro della velenosità del metallo.



L'esercito di terracotta è una fedele replica dall'armata che aveva unificato la Cina. Tuttavia, nelle fosse, sono state trovate poche armi, poiché furono saccheggiate da ribelli che si insediarono successivamente sul trono imperiale: la dinastia Han. Dalle posizioni delle mani e del corpo delle statue, possiamo però immaginare le tecniche di battaglia di fanti, alabardieri, arcieri e balestrieri. Si combatteva soprattutto a piedi; i carri ed i cavalli servivano per dirigere i movimenti della fanteria. La cavalleria fu introdotta più tardi, per fronteggiare adeguatamente i guerrieri nomadi che in battaglia utilizzavano appunto cavalcature.
Le statue colpiscono inoltre per il loro realismo e nei particolari: la tecnica usata per realizzarli consisteva nel compattare cerchi di argilla in modo da creare un tubo, il futuro torace, e completate con l'aggiunta di gambe e braccia. La struttura veniva infine ricoperta con blocchetti di argilla per disegnare le uniformi e decorata.Ogni fossa ha una conformazione e una grandezza diversa: la prima e più grande si estende per 14.260 metri quadrati di superficie e conteneva seimila guerrieri articolati tra avanguardia e corpo principale dell'esercito, quest'ultimo suddiviso in 38 file longitudinali di fanti e carri da combattimento. Una quarta fossa, trovata vuota, probabilmente fu abbandonata prima di venir completata.Sembra che la tomba dell’Imperatore sia stata riempita da modellini di templi e palazzi.Meccanicamente furono fatti scorrere canali di mercurio, per imitare il fluire del fiume Giallo e del fiume Azzurro. Un’enorme cupola di rame a rappresentazione del cielo notturno, copriva questa copia dei domini imperiali, il tutto  illuminato con lampade ad olio. Per proteggere il mausoleo contro i predoni, vennero installate delle balestre, pronte a colpire in automatico.
La disposizione delle statue non lascia dubbi: l'esercito è disposto per la battaglia, i soldati si presentano raggruppati in tre falangi con settanta tra arcieri e balestrieri, seguiti da trentasei file da centocinquanta guerrieri circa, per un totale di nove squadre d'attacco. Ogni squadra è composta da quattro file e scortata da un carro con un auriga ed un arciere. Il carro è trainato da quattro cavalli la cui realizzazione è altrettanto sorprendente, misurano difatti due metri di lunghezza ed hanno un altezza al garrese di un metro e mezzo. Qualcuno ha ipotizzato che di fronte alla minaccia di un invasione ed in assenza di un esercito adeguato, delle figure umane al tramonto avrebbero facilmente ingannato l'occhio del nemico fino a farlo desistere dall'attacco. Di fronte a tale affascinante ipotesi sorge il dubbio del perché ogni guerriero sia diverso dall'altro. Non solo nei tratti somatici, riprodotti in modo perfetto anche nei difetti (labbro leporino, orecchio mozzato, ecc), ma anche nell'abbigliamento, e nell'armamento.
 In ogni caso, il film "La Mummia 3-La tomba dell'Imperatore Dragone", simula un potenziale "risveglio" dell'esercito di terracotta, agli ordini di un redivivo imperatore che, come nella miglior tradizione dei cattivi cinematografici, mira a sottomettere non più soltanto la sua Cina, bensì l'intero pianeta, supportato dal corrotto ufficiale cinese responsabile di aver interrotto il suo sonno eterno. Contro i suoi piani di conquista si schiereranno i cacciatori di tesori Brendan Fraser e Luke Ford, che troveranno un inaspettato alleato nelle mummie dei contadini sepolti intorno alla Grande Muraglia, a loro volta capeggiati da un generale ribelle dell'epoca di Qin Shihuang: ecco la scena della battaglia finale, in buona parte realizzata in regime di computer-grafica:


giovedì 4 aprile 2013

Un inventore alla Casa Bianca

"Man is not the only animal who labors; but he is the only one who improves his workmanship"- Abraham Lincoln, 1858


Abraham Lincoln fu il sedicesimo presidente degli Stati Uniti (dal 1861 al 1865) e fu il principale artefice della vittoria degli unionisti nella guerra di secessione americana e dell'abolizione della schiavitù.
Nato a Hodgenville, in Kentucky, il 12 febbraio 1809 da una famiglia di pionieri, intraprese gli studi giuridici, guadagnandosi ben presto una solida reputazione per la sua onestà.
Non a caso, notoriamente viene raffigurato nella memoria storica come un uomo calmo e riflessivo. Ma forse non tutti sanno che alcuni anni prima di diventare Presidente degli Stati Uniti, il suo temperamento era ben diverso, costituito da frequenti scatti di ira, in cui dava prova di saper esprimere una furia intensa e incontrollata (probabilmente causata, secondo studi recenti, dagli scompensi indotti dalle pillole usate da Lincoln per vincere la depressione).
Nel 1833 fu eletto deputato al parlamento dell'Illinois. In materia di schiavitù, era un antischiavista convinto, anche se non condivise mai appieno la posizione degli abolizionisti. Nel 1860 i repubblicani lo candidarono alla presidenza: ottenne la maggioranza dei voti ed entrò nella Casa Bianca. Subito dopo la vittoria, intraprese i primi passi per staccarsi dall'Unione. Lincoln si mostrò aperto al dialogo ma rifiutò di prendere in considerazione un'eventuale estensione della schiavitù.
Nel febbraio del 1861 sette stati sudisti si separarono formalmente dall'Unione; altri stati del sud seguirono il loro esempio e scoppiò la guerra che si concluse nel 1865 con la vittoria dei nordisti.
Già nel 1862 il presidente emanò il proclama di emancipazione che liberava gli schiavi e autorizzava la creazione di unità militari di colore.
Lincoln, però, era determinato a porre l'emancipazione su una base permanente e nel 1864 propose l'introduzione di un emendamento contro la schiavitù nella Costituzione. Tale emendamento venne accettato dopo la sua rielezione, nel 1865. Poche settimane dopo l'inizio del suo secondo mandato, Lincoln annunciò pubblicamente il suo sostegno al suffragio limitato per i neri in Lousiana.
Un fanatico sudista, John Wilkes Booth, preoccupato dell'eventualità che i neri potessero ottenere il diritto di voto, il 14 aprile del 1865 ferì mortalmente Lincoln, a Washington. Fu dichiarato morto la mattina del giorno seguente.



Al di là della sua attività politica ricca di eventi, pochi sanno che Abramo Lincoln nutrisse la passione per la tecnologia. Alcuni suoi amici fidati rivelarono quanto amasse fermarsi nei ranch durante le cavalcate in campagna, al fine di esaminare da vicino gli utensili impiegati dai contadini. In gioventù aveva svolto le professioni più disparate, dal taglialegna al fabbro, e in particolare quella di barcaiolo gli tornò utile quando si mise al lavoro con un sistema di galleggiamento d'emergenza, da impiegarsi nei battelli arenati: casse a tenuta stagna, riempite d'aria, potevano essere immerse all'occorrenza per massimizzare la spinta di Archimede e alzare la linea di galleggiamento dell'imbarcazione. Si narra che l'intuizione avrebbe stuzzicato la fantasia del futuro presidente degli Stati Uniti nel momento in cui fu costretto, insieme al resto dell'equipaggio e dei passeggeri, a tuffarsi nelle gelide acque di un fiume per disincagliare la chiglia di una nave in balia degli scogli. Per visionare il brevetto completo, ecco il link: