sabato 15 giugno 2013

Chiusura delle ostilità

Sulla scia della mia forte passione per la Storia in tutte le sue sfaccettature, ma con particolar interesse riservato alle battaglie, ho deciso di esplorare il secolare, se non addirittura millenario, tema dell'interconnessione tra esigenze strategiche e tecnologia. Conscio del fatto che una trattazione esaustiva avrebbe richiesto ben più di un semestre e di un singolo blog, mi sono imposto di limitare, dove possibile, l'ambito di indagine alla Prima Guerra Mondiale, in quanto rappresentativa dello spirito di innovazione (non sempre a fini di progresso pacifico, purtroppo) caratterizzante il XX secolo. Ecco in breve il riassunto del mio percorso di analisi, dotato di link ai singoli post:


Dopo una breve premessa, volta più che altro a servire da benvenuto a chiunque visiti il blog, oltre che ad introdurre l'opera di narrativa cui farò riferimento in seguito, esordisco con una riflessione scaturita dalla prima lezione del corso di Storia della Tecnologia: evoluzione umana e sviluppo tecnologico procedono di pari passo e risentono all'unisono delle scelte morali compiute da ogni singolo individuo, per l'occasione raffigurato metaforicamente dalla scimmia con la quale Kubrick inaugura il suo "2001: Odissea nello Spazio". Si entra quindi nel vivo dell'argomento, con il riassunto della Prima Guerra Mondiale sotto forma di abbecedario, dalla A di Aviazione fino alla Z di Zar. Il post, corredato da un'immagine e una descrizione-lampo per ciascuna lettera, si sofferma ovviamente sugli aspetti strategici, senza disdegnare tuttavia l'ambito puramente storico. Segue un approfondimento sull'atmosfera di fondo del libro-guida, tra la vita di trincea e le innovazioni tecnologiche in gioco, a cui allego il link all'ebook corrispondente. La parentesi sul brevetto n°6469 è frutto della visione di un documentario dedicato ai retroscena della vita di Abramo Lincoln, sedicesimo presidente degli Stati Uniti: oltre che risultare impacciato con le donne e dimostrare inclinazione alle scazzottate nei pub, egli si fa notare anche per le sue invenzioni, tra cui quella di un sistema di galleggiamento d'emergenza. Decido poi di abbandonare momentaneamente il mondo occidentale per spaziare fino al Lontano Oriente di Qin Shihuang e dell'esercito di terracotta posto a guardia delle sue spoglie mortali. Ritornando quindi sui campi di battaglia del Vecchio Continente, presento una carrellata di istantanee dal set di "War Horse", il film che inquadra gli ultimi episodi di sconsiderato eroismo vissuti dalla cavalleria, ormai inadeguata di fronte al fuoco delle armi automatiche, come sottolineato dal video della carica del reggimento inglese che ne uscirà decimato. Un parallelo tra gli assedi medievali e la guerra di logoramento diventa protagonista nel post "Una guerra senza sconti", con particolare riguardo alle implicazioni finanziare. Dal materialismo dei costi bellici si passa invece ad una dimensione decisamente più elevata, quella dei War Poets, i poeti improvvisati che catturano la quotidianità della vita di trincea trasformandola in fonte d'ispirazione per sonetti abbozzati tra un assalto e l'altro. Assalti che spesso vengono condotti senza un minimo di scrupolo da ufficiali pronti a tutto per conservare i propri galloni, come nel caso della scena di "Uomini contro" dove compaiono le corazze Farina, difese personali metalliche che rivelano fin da subito la loro inefficacia nel ridurre la capacità di penetrazione dei proiettili nemici. Una cartina geografica dell'Europa del 1914 fissa invece una situazione territoriale che di li ad appena un lustro subirà uno sconvolgimento non indifferente. A dimostrazione che la Strategia Militare sia una campo d'indagine antichissimo, ecco la testimonianza del "Sun-Tsu", che dal bambù ricorda le tecniche in uso nella Cina pre-unificazione. E' quindi la volta di una lunga ed approfondita rassegna che ripercorre l'epopea del carro armato, dalla sua versione medievale fino alla potenza di fuoco dell'Abrahms in forza ai Marines, senza dimenticare i progetti di Leonardo e naturalmente la sua comparsa nella Terra di Nessuno tra le trincee, dove  tuttavia mieteva meno vittime di un'arma decisamente più letale, il gas, in uno degli esempi storicamente più significativi e al tempo stesso crudeli di Guerra Chimica.  Due video in sequenza illustrano quindi, rispettivamente, il casus belli alla base dello scoppio della Prima Guerra Mondiale (insieme a qualche anticipazione sull'introduzione dell'aereo e di altre tecnologie) e i modelli di blindato che ciascuna potenza decide di schierare prima del 1918. Non viene dimenticato nemmeno l'ambito sanitario, grazie ad una descrizione delle pratiche in uso negli ospedali da campo. L'aeronautica è rappresentata tanto dalla storia del dirigibile quanto da uno spezzone del film "Giovani Aquile", due post separati da una riflessione nella mia seconda lingua, il Francese, che funge da introduzione per l'articolo "Guerre" dell'Encyclopédie di Diderot e D'Alembert, in quel periodo argomento di discussione in classe. Tornando coi piedi per terra, l'atmosfera si scalda a causa del lanciafiamme, per poi rilassarsi nuovamente nel momento in cui individuo tre fumetti "bellici". Un paio di citazioni, attribuite a Napoleone e Yeltsin, aprono la strada all'evoluzione nei secoli della baionetta, mentre alcuni brani musicali di successo compongono il post successivo che si focalizza sul rapporto tra musica e guerra. Se tuttavia i cantautori prediligono di norma posizioni pacifiste, lo stesso non si può certo dire per i Futuristi di inizio secolo, che vedono nella Grande Guerra "l'igiene dei popoli". Una manciata di francobolli, tra cui spiccano alcuni originali emessi proprio mentre al fronte impazzava il conflitto, chiude la sequenza di post dedicati agli articoli collaterali. Leonardo da Vinci viene quindi eletto testimonial del blog in nome del suo genio spesso prestato alla guerra. Occhio poi a non pungersi con il brevetto del filo spinato, che anticipa il brano tratto da "Terramatta" in relazione al documentario visionato durante il corso, in cui trovano spazio le parole stentate di un semianalfabeta che s'inventa un diario autobiografico dal grande coinvolgimento emotivo. Gli archivi RAI offrono in seguito un approfondimento sulla tecnologia della Grande Guerra, in cui interviene tra gli altri, in qualità di consulente, il Professor Vittorio Marchis del Politecnico di Torino. Per gli amanti delle cronologie, eccone poi una in lingua inglese, ricca di illustrazioni personalmente ricercate in lungo e in largo sul web, capace di far rivivere la Storia delle Armi a partire dalla Preistoria fino ai laser e al condizionamento psicologico. L'articolo che segue sembra invece contraddire il percorso di continuo perfezionamento appena illustrato, in quanto pone l'accento sulle mazze ferrate usate come arma da combattimento corpo a corpo in trincea. Come protagonista indiscusso del conflitto viene dunque scelto Manfred Von Richtofen, altrimenti noto col soprannome di "Barone Rosso", capace di spuntarla in decine di duelli aerei prima dell'abbattimento a pochi mesi dal termine della guerra. La rivista Focus regala un'intervista sul tema della strategia ad uno scrittore di fama internazionale, Alessandro Barbero, più volte invitato negli studi di Superquark nel ruolo di opinionista storico. Un nuovo angolo dedicato alla poesia ospita componimenti a sfondo bellico di Apollinaire, Brecht e Quasimodo, mentre l'arte continua a dire la sua con il mistero dell'affresco perduto di Leonardo nel Salone dei Cinquecento a Firenze. In tema di ricorrenze, spicca il resoconto dello Sbarco in Normandia del 6 giugno, seguito a quattro giorni di distanza dall'impresa del sottomarino italiano MAS 15 nei confronti della marina austroungarica. L'apporto decisivo delle armi automatiche al sorgere della Guerra Moderna è fotografato dal post dedicato alla mitragliatrice. La nascita dell'Aviazione Italiana trova fondamento nella testimonianza di Giulio Douhet, mentre un lungo articolo provvede a descrivere l'unica arma ancora mancante all'appello, ovvero la granata.  Gli Arditi incarnano invece la capacità dell'uomo di ovviare all'arretratezza strategica grazie al proprio coraggio e spirito di sacrificio. In chiusura, l'Europa dai confini profondamente riscritti campeggia su una cartina che sarà destinata a venire nuovamente cestinata nel giro di appena un ventennio, con la Seconda Guerra Mondiale.

Che dire, un'esperienza sicuramente costruttiva e in certi frangenti perfino ad alto tasso emotivo, che auguro risulti altrettanto piacevole a chiunque metta piede in questo blog. A presto e grazie a tutti per l'attenzione!

Luca Distasi

Il nuovo Vecchio Continente




Corpi d'Elite: gli Arditi italiani

Il canto degli Arditi



Mamma non piangere se c'è l'avanzata,
tuo figlio è forte dall'alto dei cuor
asciuga il pianto della fidanzata,
chè nell'assalto si vince o si muor.


Avanti Ardito, le Fiamme Nere

son come simbolo delle tue schiere
scavalca i monti, divora il piano
pugnal fra i denti, le bombe a mano.




Fiamme Nere avanguardia di morte,
siam vessillo di lotta e di orror,
siamo l'orgoglio trasformato in coorte,
per difender d'Italia l'onor.


Avanti Ardito, le Fiamme Nere.....


Una stella ci guida, la sorte,
e ci avvincon tre fiamme d'amor,
tre parole di fede e di morte:
il pugnale, la bomba ed il cuor



Avanti Ardito, le Fiamme Nere.....


L'ardito è bello, l'ardito è forte!
ama le donne, beve il buon vin;
per le sue fiamma color di morte
trema il nemico quando è vicin!


Avanti Ardito, le Fiamme Nere.....


Quante volte fra tenebre folte,
nella notte estraemmo il pugnal
fra trincee e difese sconvolte
dalla mischia cruenta e fatal!


Avanti Ardito, le Fiamme Nere.....





martedì 11 giugno 2013

Tutti a terra!!!- La granata

Dopo l'invenzione della polvere nera e la sua applicazione alle armi, attorno al XV secolo, ogni esercito cercò di dotare i propri soldati di ordigni esplosivi che potessero essere agevolmente gettati a mano contro il nemico; i primi esemplari, rudimentali, erano in terracotta, legno ed ottone, caricati con polvere pirica e pallette di piombo, di ferro o pezzi di vetro. La tipica "granata", nome in uso fino al XIX secolo, poi soppiantata in Italia dal termine "bomba a mano", si diffuse a partire dalla fine del Cinquecento: era una sfera di ghisa pesante quasi due chili, caricata con circa 200 grammi di polvere nera e provvista di una miccia. Ordigni di questo tipo furono impiegati con alterne fortune, legate al mutare delle tattiche di guerra, fino all'Ottocento, quando riapparvero in discreto numero durante la Guerra di Secessione Americana.




All'inizio del Primo Conflitto Mondiale, anche in fatto di granate e ordigni esplosivi da lancio, la Germania si rivelò più avanzata delle altre potenze internazionali – nel 1914 poteva già disporre di circa 70.000 pezzi, affiancati da 106.000 appositamente realizzati per essere innestati e lanciati con il fucile.
Contrariamente a quanto si pensa ai giorni nostri, l’arma impiegata maggiormente per gli assalti alle trincee era proprio la granata o la bomba a mano, e non la baionetta o il fucile. Questi ultimi servivano quasi esclusivamente a proteggere i granatieri, almeno nelle prime fasi dell’attacco.
In seguito all'introduzione dei suddetti ordigni da lancio, vennero subito costituite pattuglie di “granatieri” e gruppi di truppe addestrate proprio al lancio di ordigni esplosivi, che costituirono un’importante e insostituibile parte dell’esercito di ciascuna nazione partecipante al conflitto.
Gli inglesi, ad esempio, impiegavano solitamente squadre di nove soldati ognuna: un ufficiale comandante, due lanciatori, due porta-granate, due fanti con baionetta innestata per difendere i precedenti e due riserve per sostituire eventuali caduti. Subito dopo un attacco, i granatieri erano soliti “ripulire” gli angusti e tortuosi labirinti di una trincea, con una notevole quantità di ordigni esplosivi da lancio: ciò si rivelava particolarmente utile per snidare e convincere alla resa eventuali superstiti che avevano trovato rifugio nelle “ridotte” o nelle piccole caverne e ricoveri collegati ai camminamenti.
All'inizio del Primo Conflitto Mondiale la Gran Bretagna, così come la maggior parte delle nazioni belligeranti, non confidava particolarmente nell'utilizzo delle bombe a mano: presto si dovette ricredere anche per quanto riguardava l’impiego delle nuove mitragliatrici.
Dopo circa un anno di guerra, la produzione di granate inglesi toccò le 250.000 unità confezionate settimanalmente! Fino ad allora i “Tommies” inglesi cercano di far fronte alla limitata produzione improvvisando granate artigianali, realizzate impiegando le lattine di marmellata di prugne e della terribile carne “Maconochie” che faceva parte delle razioni di cibo standard. Tale espediente continuò tuttavia fino al termine del 1916, su tutti i fronti internazionali ove le truppe inglesi si trovarono a combattere: evidentemente la produzione industriale di granate avrebbe dovuto continuare a crescere in modo esponenziale.


Qualsiasi granata, sia da lancio a mano o con il fucile, poteva esplodere in due modi differenti: in seguito all'impatto (percussione) o con una miccia temporizzata. I soldati preferivano quest’ultimo tipo, soprattutto per evitare il terribile rischio di detonazione involontaria in seguito a qualsiasi tipo di impatto.
Dopo i primi tentativi con una rudimentale miccia (da accendere proprio come quella di un normale candelotto di dinamite), si preferì dotare le granate di una spoletta. Altri due tipi di granate potevano essere innescati staccandone l’impugnatura o sfregandole contro una superficie ruvida, proprio come un accendino (la “Cricket Ball” inglese).
Lo sviluppo industriale In concomitanza con la produzione industriale di ordigni da lancio si mosse inarrestabilmente la sperimentazione bellica, vissuta perlopiù sul campo che in laboratorio. Per esempio, mentre le granate da lancio con il fucile vennero quasi subito abbandonate dall'esercito tedesco, i francesi e i britannici riuscirono a svilupparne una versione finalmente affidabile e capace di una gittata di ben 400 metri. Le “Cup Grenades” furono, verso la fine della guerra, riscoperte dalla Germania Guglielmina che riuscì evidentemente a copiare l’alto livello tecnologico delle produzioni avversarie.
Nel 1915, dopo varie sperimentazioni, la B.E.F. fu dotata di un gran numero di granate “Mills”, che divennero ben presto parte integrante dell’armamento di ogni soldato inglese. Create da William Mills, questo tipo di bomba a mano divenne subito popolarissima, grazie alla sua affidabilità e potenza d’offesa. Si trattava infatti del primo tipo di granata a frammentazione, che al momento dell’esplosione era strutturata per sbriciolarsi in una miriade di scheggie-proiettile, proprio come un mini-shrapnel. Al momento del lancio, il soldato rilasciava bomba e levetta di sicurezza (dopo aver rimosso la sicura) e quest’ultima attivava il detonatore tarato per 4 secondi.
Ben presto la Mills Bomb venne dotata anche di un rivestimento impermeabile, per garantirne efficacia e conservazione in qualsiasi situazione atmosferica.
A causa della sua forma sferica e pertanto poco pratica per le attillate uniformi inglesi, si rese necessario trasportarla addirittura con secchi e contenitori improvvisati, al seguito delle truppe attaccanti. Da qui probabilmente l’origine dell’espressione inglese “To mop up” (letteralmente:”lavare il pavimento”), impiegata per descrivere il compito delle ultime ondate di fanti all'attacco, incaricati proprio di “ripulire” le trincee conquistate a colpi di granata. Contenitori improvvisati e fucili venivano probabilmente e metaforicamente associati a secchi e spazzoloni! L’inconveniente relativo al trasporto degli ordigni fu brillantemente evitato dai soldati australiani e neozelandesi che, grazie alle divise più comode e dotate di tasche particolarmente capienti, riuscivano ad andare all'attacco con almeno una decina di granate senza bisogno di ingombranti contenitori.
Per gli amanti delle statistiche, risulta ufficialmente che gli inglesi lanciarono qualcosa come 70 milioni di granate Mills e 35 milioni di ordigni da lancio di altro tipo, durante il corso della Grande Guerra.



Le più famose bombe a mano tedesche risultarono: le Stielhandgranate (le tradizionali granate con l’impugnatura a bastoncino), le Diskushandgranate (granate a forma piatta), le Eierhandgranate (senza impugnatura) e le Kugelhandgranate (a forma sferica - spesso soprannominate “ananas” dagli inglesi, nella loro versione ovoidale). Anche i soldati tedeschi si liberarono molto presto dei pericolosi modelli con deflagrazione ad impatto e furono spesso dotati di bombe a mano con detonatore tarato su soli due secondi: ciò non dava scampo all'avversario, nel momento in cui vedeva pioversi addosso una granata tedesca.
La più popolare granata tedesca rimase sempre quella dotata di bastoncino da lancio e tarata su 5.5 o 7 secondi. Queste bombe a mano venivano spesso portate al collo, all'interno di speciali contenitori di juta. I tedeschi si munirono infine anche di granate caricate con gas e liquidi velenosi, rilasciati al momento della deflagrazione.


Una curiosità: sulle alture di Pozieres, sul Fronte Occidentale, nella notte del 26-27 luglio 1916 si combatté la più terribile battaglia a colpi di granate della Grande Guerra. Senza un attimo di sosta, australiani e inglesi lanciarono qualcosa come 30.000 bombe a mano fino all'alba.
Nella Seconda Guerra Mondiale queste bombe ebbero ancora più ampio uso, affiancate da modelli più moderni o di nuovo impiego, come quelle anticarro e fumogene. Fabbricate con nuovi materiali, le bombe a mano di oggi sono più leggere (alcuni modelli pesano poco più di mezzo chilo) e di dimensioni ridotte, tanto da stare nel palmo di una mano, ma soprattutto sono più sicure. Fanno ancora parte integrante delle dotazioni del singolo militare, o, come nel caso di quelle lacrimogene o stordenti (flashbang), delle forze di polizia.


 

lunedì 10 giugno 2013

Ricorrenze: l'Impresa di Premuda







Intorno a questa battaglia è stato perfino sviluppato un gioco tavola ad opera del sito www.milesgloriosus.net, che potete trovare di seguito, con tanto di segnalini da ritagliare per simulare, al sicuro dal violenza della Grande Guerra, gli scontri delle prime ore del 10 giugno 1918; contrariamente a quanto tramandato dalla Storia, qui il successo dell'operazione rimane nelle mani della Sorte, che governa il tiro dei dadi, e dall'abilità dei due contendenti. La vittoria dell'Italia non è altrettanto scontata.. 






Infine, un video celebrativo dal sapore patriottico, forse con una punta di nostalgia "nazionalista", ma pur sempre significativo per la presenza di una cronaca della battaglia affiancata da scatti d'epoca:

venerdì 7 giugno 2013

Riflessioni a diecimila piedi di altezza





Uno stralcio de "La difesa nazionale-anno 1923", saggio pubblicato da da Giulio Douhet, fondatore dell'Aeronautica Militare Italiana:

"E’ necessario armare ed istruire l' Armata aerea con criterii definiti e precisi, rispondenti a sani principii di una vera e propria arte che possiamo denominare: Arte della guerra aerea.
Nel 1910 scrivevamo : La guerra aerea coinvolge, oltre alla risoluzione del problema tecnico del mezzo adatto, la risoluzione di una grande quantità di problemi di preparazione, organamento, impiego, ecc. delle forze aeree, e cioè richiede la creazione, ex novo, di una terza branca dell' Arte della guerra, quella appunto che potrà definirsi: " l ' Arte della guerra aerea ".
L'ora, che attraversiamo, segna un momento storico di una importanza eccezionale; sta svolgendosi un nuovo fenomeno nella storia dell'umanità. A noi sarebbe impossibile determinare con precisione quando incominciò la lotta sulla terra e quella sul mare; ai posteri l 'inizio della guerra aerea sarà perfettamente e chiaramente definito; e noi a questo inizio avremo assistito ed a questo inizio avremo cooperato. E sarebbe davvero curioso che non ce ne fossimo neppure accorti.
Il fatto curioso si verificò: non ce ne accorgemmo. Oggi, tuttavia, la cosa salta agli occhi anche dei ciechi. L'arte della guerra aerea deve essere creata: non è più possibile, quando per costituirsi una forza aerea, la Nazione spende centinaia di milioni, e quando la guerra aerea sta per assumere una importanza di primo ordine, procedere ancora per tentativi, empiricamente.
La preparazione, l'organizzazione e l'impiego dell' Armata aerea dipendono dal come si svolgerà la guerra aerea, perchè preparazione, organizzazione ed impiego debbono essere adattati alla forma ed ai caratteri della guerra stessa : l'utensile deve essere forgiato adatto allo scopo.
Poichè ci si trova dinanzi ad un fatto completamente nuovo, senza precedenti, e che avrà il suo svolgimento in un tempo a venire più o meno lontano, il prevedere come si svolgerà la guerra aerea è arduo. Noi, al riguardo, avendo riconosciuto, fino dal 1910, la necessità della creazione dell ' Arte della guerra aerea, ci siamo andati formando delle idee nette e precise. Tuttavia non abbiamo affatto la pretesa di presentare le nostre idee come dogmi, per quanto le riteniamo giuste e, come tali, le sosteniamo in attesa di prove in contrario.
Affermiamo però che la definizione più probabilmente esatta del come si svolgerà la guerra aerea non può sortire che da una discussione, nella quale le idee e gli argomenti a loro sostegno possano venire a contrasto. Ora a noi non sembra che una simile discussione, in Italia, sia mai stata fatta: gli unici che abbiano affrontato il problema siamo stati noi ne "Il dominio dell' aria", che non ha dato luogo a dibattiti di qualche importanza. E’ grave la responsabilità che si assume chi giudica e decide, perché un errore di apprezzamento sul come si svolgerà la guerra aerea si riflette su tutta la preparazione, l'organizzazione e l'impiego dell' Armata aerea, e può renderla inadatta al suo scopo.
La guerra aerea, per quanto si svolga in un campo a parte, non può sfuggire ai principi fondamentali che reggono la guerra in generale, e, poiché il suo campo tocca la terra ed il mare, deve necessariamente riflettersi e ricevere riflessi dalla guerra terrestre e marittima.
Perciò, nella discussione intesa a determinare come si svolgerà la guerra aerea, non solo possono, ma debbono intervenire anche tecnici della guerra terrestre e marittima e, come ci appare strano che l 'Esercito e la Marina possano stabilire i loro ordinamenti facendo astrazione da quanto, in una eventuale futura guerra, potrà avvenire nel cielo che li sovrasta, così ci appare strano che l'Armata aerea possa fare astrazione dalla terra e dal mare che è destinata a sorvolare.
La guerra è un fenomeno complesso nel quale entrano in giuoco una quantità di fattori, nessuno dei quali può essere considerato a sé, prima di averne definito i rapporti con tutti gli altri, sotto pena di turbare l'armonia dell'insieme. Né è a dirsi che per discutere su ciò che sarà la guerra aerea occorra un tecnicismo particolare e specializzato nessuno vede più corto dei tecnici specializzati è sufficiente possedere la conoscenza delle caratteristiche essenziali dell'arma aerea, conoscenza che, ormai, costituisce capitolo di pura e semplice coltura generale.
Noi, senza arrossire, confessiamo che nel 1910, allorché cominciammo a pubblicare le nostre prime note aeronautiche, nelle quali si trovano tutte le idee che poi si fecero strada, e che si faranno strada, non avevamo mai veduto un aeroplano. Per queste considerazioni, noi, che pura da lungo tempo ci occupiamo del problema e possediamo idee nette e precise al riguardo, abbiamo sempre sostenuto che occorreva, in un primo periodo preparatorio, costituire una specie di Stato Maggiore Aereo, chiamandovi a farne parte ufficiali sia dell 'Esercito che della Marina, competenti nella pratica e nelle discipline aeronautiche, familiari della guerra in generale, aperti alle nuove idee, guardanti verso l'avvenire, senza preconcetti; Stato Maggiore che avrebbe dovuto porsi il problema e risolverlo, creando la nuova Arte della guerra aerea e definendo l'organizzazione e l'impiego dell'Arma aerea, servendosi, diremmo quasi come di laboratorio sperimentale, di un primo nucleo di unità aeree. Nè questo periodo di incubazione avrebbe potuto nuocere perché , dato lo stato di fatto attuale, qualunque cosa si faccia, occorrerà pur sempre qualche tempo per far passare l'Armata Aerea dallo stato di espressione a quello di realtà. 
Forse, invece, il periodo di incubazione avrebbe permesso di costruire su basi più solide e sicure. Organizzare è quasi creare perché significa costituire una entità disponendo di cellule. Il valore dell'entità organizzata dipende in parte da quello delle cellule, ma essenzialmente dalla organizzazione delle medesime.
Mille uomini armati di fucile non costituiscono un battaglione, come mille aeroplani non costituiscono una Armata aerea. Coll 'identico bilancio si possono mantenere in efficenza mille aeroplani, oppure si può costituire una Armata Aerea di mille aeroplani; si può cioè, collo stesso bilancio, ottenere una parvenza od una realtà di potenza aerea, nonchè tutte le gradazioni di potenza che vanno dalla parvenza alla realtà, a seconda del fattore organizzativo che si fa entrare nel giuoco.
Dato l'altissimo valore di questo fattore, è necessario stabilirlo con criterii scientifici, il più che possibile sicuri. Definito come si svolgerà la guerra aerea, occorre definire, nelle loro linee generali, la forma e la costituzione dell' istrumento più adatto ad affrontarla, scendendo poi man mano a definire i particolari di costruzione delle sue varie parti e dei collegamenti fra le parti stesse, sino alle cellule fondamentali, le quali sono appunto date dai singoli apparecchi. Perché, nel caso dell' Armata Aerea, ci si trova nelle felici condizioni di potere scegliere le cellule primordiali fra le multiformi a disposizione. Ma questa felice condizione impone, a sua volta, di assoggettare alla organizzazione ed all 'impiego il tipo degli apparecchi.
Fino a poco tempo fa si commise l'errore di seguire il metodo opposto. I tecnici costruttori si sbizzarrivano nella costruzione degli apparecchi, cercando fare del nuovo, poi gli apparecchi nuovi venivano consegnati a coloro che dovevano impiegarli perché li impiegassero come potevano. Ciò è semplicemente assurdo, perché è chi impiega l'arma l'unico competente a definire ciò che vuole dalla sua arma.
Non è l' armaiuolo che impone il fucile al cacciatore, ma è il cacciatore che sceglie il fucile che più gli conviene: Questo assurdo dipese, dal fatto che non vi fu mai una idea chiara e precisa di ciò che dall'aviazione si voleva ottenere. Ma questa idea ora c'è; e perciò, è chi organizza che deve imporre ai tecnici costruttori il soddisfa cimento delle sue necessità ed indicare ai medesimi i suoi desiderata per l'avvenire. Ciò sarà utile anche ai tecnici costruttori i quali, finalmente, potranno avere un' indirizzo preciso sul quale orientare i proprii studii ed i propri lavori.
La guerra aerea, impiegando armi delicatissime, provviste di grande velocità e di ampio raggio d'azione, capaci di esercitare azioni offensive efficacissime materialmente e moralmente, presenta gravissime difficoltà, d'ogni genere, sia nella sua preparazione che nella sua attuazione, difficoltà certo più gravi di quelle che presentano la guerra terrestre e quella marittima. Queste possono dare il tempo di riparare ad eventuali, deficienze od errori - la grande guerra ne fornisce un esempio classico - quelle no. Bisogna essere preparati a combatterla bene.
Si tratta di tutto un nuovo mondo da creare, partendo dal caos. Occorre stabilire ed applicare i principii fondamentali ,dell'organica, della logistica, della strategia e della tattica aerea, perché non si tratta più, di corrispondere a vaghi servizi aerei, si tratta di dare corpo ed anima ad una vera e propria Armata aerea, costituendone un organismo vitale ed idoneo, quale deve essere l'alato presidio della Nazione.
Il periodo di transizione - passaggio dalla antica e tradizionale forma della guerra alla nuova - rende ancora più arduo il problema, perché tutte le Nazioni cercheranno di risolverlo nel miglior modo possibile, evitando di far conoscere alle altre il risultato dei proprii studii, ed un enorme vantaggio, sulle competitrici, avranno quelle Nazioni che meglio lo risolveranno, perché sarà loro concesso di sorprendere l'avversario. Ed, in fine, trattandosi di avviarsi su di una strada nuova, sulla quale si dovrà percorrere un lungo cammino, è prudente mettere dalla propria tutte le probabilità di imboccare quella giusta, ché ogni ritorno al punto di partenza determinerebbe una crisi.

giovedì 6 giugno 2013

Fuoco di sbarramento- La mitragliatrice

Sin dall'Antichità vi era il desiderio di avere un'arma che scaricasse sul nemico il maggior numero possibile di colpi. Con l'avvento della polvere da sparo vi si cimentarono in molti (già nel 1411 il duca di Borgogna esibiva carri dotati di complessi di tiro a canne multiple) fino ad arrivare, nella seconda metà dell'Ottocento, alle prime mitragliatrici come la Williams, la Gatling o la Gardner, armi automatiche con funzionamento manuale, a manovella.


La svolta vera e propria, con un'arma completamente automatica, ci fu però solo alla fine del XIX secolo per opera dell'americano Hiram Stevens Maxim, che trovò il modo di riarmare l'arma recuperandone meccanicamente il rinculo dello sparo stesso. La prima mitragliatrice Maxim, del 1884, sparava ben 600 colpi al minuto. Durante la Grande Guerra le mitragliatrici, soprannominate dai soldati italiani "raganelle del diavolo", furono usate in maniera massiccia cambiando per sempre la modalità di fare la guerra. Tra i migliori esemplari vi era l'inglese Vickers Mark I calibro .303 (ovvero 7 mm, nel sistema metrico decimale): montata su un treppiede, raffreddata ad acqua e servita da due soldati, sparava fino a 550 colpi al minuto ad un distanza utile di circa 1800 metri.


Al loro massimo sviluppo tecnico, e ormai armi insostituibili, nella Seconda Guerra Mondiale le mitragliatrici saranno anche montate sui mezzi corazzati e sui blindati. Tra le più efficaci, ben studiata e affidabile, vi era l'Americana Browning M2 calibro .50 (12,7 mm). Arma che, affiancata da nuovi modelli di calibro più piccolo, è tuttora in uso in moltissimi paesi, tra cui l'Italia. L'impatto devastante in campo aperto della mitragliatrice moderna è cruentemente mostrato nella scena finale del film "Rambo 4", in cui un Silvester Stallone piuttosto invecchiato decide di combattere i fantasmi del passato tornando tra le foreste della Cambogia per salvare un gruppo di attivisti rapiti dai guerriglieri locali:




6 giugno 1944: Operation Overlord

LO SBARCO IN NORMANDIA


Data: 6 GIUGNO 1944

Luogo: NORMANDIA (Regione della Francia)

Eserciti contro: ALLEATI e TEDESCO
Contesto: SECONDA GUERRA MONDIALE
Protagonisti:
DWIGHT EISENHOWER (Comandante supremo delle forze Alleate)
BERNARD MONTGOMERY (Generale inglese)
MILES DEMPSEY (Comandante della Seconda armata britannica)
OMAR BRADLEY (Comandante della Prima armata americana)
GERD VON RUNDSTEDT (Feldmaresciallo tedesco, comandante supremo del fronte occidentale)
ERWIN ROMMEL (Feldmaresciallo tedesco)
FRIEDRICH DoLLMANN (Generale tedesco)

La battaglia

La battaglia di Normandia è stata l'ultima grande operazione militare preordinata dal mondo occidentale. Tra il giugno e l'agosto del 1944, a seguito della più imponente invasione di mezzi anfibi della storia, eserciti composti da oltre un milione di uomini decisero il destino dell'Europa. Noi ora ci soffermeremo sul giorno dello sbarco in Normandia, il D-Day, il "giorno più lungo" di tutta la battaglia.
Tra gli alti comandi Alleati vi era molta incertezza su dove avrebbe dovuto aver luogo lo sbarco. Gli americani puntavano su Calais, concordando, senza saperlo, con le supposizioni tedesche; gli inglesi preferivano la Normandia che -in base alle loro informazioni- aveva le difese più deboli. Nell'agosto del 1943, alla conferenza di Quebec, si decise per la Normandia, e il piano relativo venne approvato da Churchill, da Roosevelt e dai capi di Stato Maggiore delle due potenze.
Furono avviate azioni per convincere i tedeschi che lo sbarco sarebbe avvenuto là dove essi lo aspettavano, nella zona di Calais. I bombardamenti si infittirono sulla città e sul territorio circostante. Si giunse al punto che, quando già la flotta di invasione navigava verso la Normandia, un'altra flotta "finta", scortata da aerei, si stava dirigendo verso Calais.
L'inganno riuscì tanto bene che i tedeschi continuarono a credere che lo sbarco in Normandia fosse soltanto una finta e che la vera invasione avrebbe avuto luogo a Calais, dove essi continuarono ostinatamente a mantenere il grosso delle forze.
I tedeschi dispongono di 49 divisioni di fanteria, 10 divisioni corazzate, 1600 carri armati, 198 aerei da bombardamento, 125 aerei da caccia, 3 cacciatorpediniere, 36 siluranti e 34 sommergibili. Dall'altra parte gli Alleati mettono in campo 6 divisioni di fanteria, 55 divisioni motorizzate, 25 divisioni corazzate, un numero incalcolabile di carri armati, 3476 aerei da bombardamento, 5409 aerei da caccia, 6 navi corazzate, 27 incrociatori, 164 cacciatorpediniere e 6500 mezzi da sbarco. In totale, il 6 giugno 1944, gli Alleati contano su una forza di quasi tre milioni di uomini. Di questo imponente esercito, 1.700.000 sono americani e il resto inglesi, francesi, canadesi, norvegesi, belgi, polacchi e cecoslovacchi.


La zona scelta per lo sbarco si estende per circa un centinaio di chilometri, tra Le Havre e Cherbourg. E stata divisa in cinque spiagge, contrassegnate con nomi di fantasia. Agli americani sono toccate le due più occidentali, e cioè Utah tra Quinèville e Grandcamp-les-Bains, e Omaha tra Vierville e Port-en-Bessin. Agli inglesi le spiagge più orientali: Gold tra Arromanches      e La Rivière, Juno tra La Rivière e Saint-Aubin, Wword tra Langrune e Ouistream.
La preparazione allo sbarco è stata accurata fino alle minuzie. I bombardamenti quotidiani a tappeto sulle linee e sulle difese tedesche hanno messo in crisi l'intero Vallo Atlantico. L'aviazione tedesca è stata praticamente distrutta negli aeroporti.
L'operazione di sbarco, denominata "Overlord", si mette in moto dopo la mezzanotte del 5 giugno del 1944. Venti minuti dopo la mezzanotte sei aerei della RAF si alzano in volo. Faranno da battistrada alla 6a divisione aerotrasportata britannica che si lancerà nella zona di Caen. Sono sessanta specialisti di "commando" e del genio, esploratori destinati a consentire con le loro segnalazioni da terra il lancio di due brigate di paracadutisti, la 3a e la 5a. La prima aveva il compito di distruggere i ponti della valle del Dives, mentre la seconda doveva assumere la difesa dell'Orne e dei ponti sul canale, eliminando il nemico dalla zona di sbarco di Ranville.
Alle ore 3.30, 72 alianti carichi di cannoni e di equipaggiamento cominciarono ad atterrare nella zona. Nell'impatto col terreno, al buio, molti si sfasciarono e i carri e le jeep che contenevano andarono distrutti. Molti uomini rimasero feriti e alcuni persero la vita. In seguito si constatò che 49 dei 72 alianti destinati all'operazione erano scesi bene, e le perdite umane e in mezzi erano state modeste.
L'occupazione dei ponti fu un capolavoro di cui si resero protagonisti gli uomini di sei plotoni del 2° battaglione di fanteria leggera dell'Oxfordshire e del Buchinghamshire del maggiore John Howard. Essi riuscirono nell'impresa di sfasciare, nel giro di tre soli minuti, sei alianti, tre per ogni ponte, esattamente all'imbocco, in modo da balzar fuori armi in pugno e impadronirsi del passaggio eliminando gli sbigottiti difensori. Fulmineamente, i ponti sul fiume Orne erano finiti in mano alleata.
Non altrettanto bene aveva funzionato la mossa degli esploratori mandati a contrassegnare la zona di lancio per le due brigate di paracadutisti. Il vento li aveva spinti verso oriente, sparpagliandoli, e così i 2.200 uomini della 5a brigata paracadutisti del brigadiere Poett, privi di segnalazioni, finirono lontani dall'obiettivo prefissato. Tuttavia la maggior parte della brigata riuscì a ricongiungersi. Peggio andò alla 3a brigata paracadutisti del brigadiere Mill, finita disseminata in una vasta zona di boschi e di paludi tra Merville e Troarn, undici chilometri nel retroterra. Nonostante tutto, i cinque ponti loro assegnati da distruggere furono fatti crollare.
Già prima dell'alba il generale Gale, comandante della divisione aerotrasportata, poteva stabilirsi nel conquistato castello di Ranville. Ora restava da eliminare la potente batteria costiera di Merville, vicino alla foce dell'Orne e il compito fu affidato al 9° battaglione paracadutisti del tenente colonnello Terence Otway. La batteria si trovava in casematte in cemento a prova di bomba, la difendevano 180 uomini. La copertura era fornita da una decina di mitragliatrici e da un campo di mine profondo dieci metri. Sembrava imprendibile. Otway prevedeva di calare nel perimetro della difesa, quasi sopra le casematte, tre alianti, mentre lui avrebbe attaccato da terra. Era un piano quasi suicida, eppure riuscì, anche se più della metà dei 150 uomini che avevano condotto l'assalto erano morti o feriti. Alle cinque del mattino il generale Gale poteva dire che tutti gli obiettivi assegnati alla sua 6a divisione aerotrasportata nella zona di Caen erano stati raggiunti.
Contemporaneamente, sul fianco occidentale dello sbarco, anche la 82a divisione aerotrasportata americana del generale Matthew Ridgway e la 101a divisione trasportata Usa del generale Maxwell Taylor, avevano raggiunto gli obiettivi prefissati, tra cui l'occupazione di Sainte-Mère-Eglise, che ebbe così l'onore di essere la prima città francese liberata dalle truppe alleate.
Intanto l'immensa flotta, la più formidabile mai riunita nella storia dell'umanità, si stava avvicinando alla Normandia. Su 2727 navi di ogni tipo erano caricati 2500 mezzi da sbarco. La scorta era formata da 700 navi da guerra, tra cui 23 incrociatori, 6 navi da battaglia e oltre 104 cacciatorpediniere. A bordo dei trasporti vi erano gli uomini della Prima armata americana del generale Bradley e della Seconda armata britannica del generale Dempsey. Il bombardamento aereo delle spiagge cominciò alle 3 e 14 del mattino del 6 giugno.
Sotto la protezione di questo gigantesco ombrello aereo, con i capisaldi a oriente e a occidente già tenuti dai paracadutisti, alle 6 e 30 del mattino comincia a sbarcare il XXI Gruppo di armate del feldmaresciallo Montgomery. Come si è già detto, alla Prima armata di Bradley toccano le spiagge di Utah e di Omaha, alla Seconda armata britannica di Dempsey, le spiagge di Juno, Sword e Gold.
Dall'altra parte del fronte, il Comando Gruppo Marina d'Occidente, che avrebbe dovuto controllare la Manica, ritiene che non si tratti di un'invasione su larga scala. Del contrario invece era convinto il generale Pemsel, che era il capo di Stato Maggiore della Settima armata tedesca, il quale avvertì immediatamente il generale Speidel, capo di Stato Maggiore dell'assente feldmaresciallo Rommel, che secondo lui si trattava di un'operazione su larga scala. Ma né Speidel, né il comandante supremo del fronte occidentale von Rundstedt, gli credettero.
Mentre si succedevano questi avvenimenti al quartier generale di von Rundstedt, a Saint-Germain-en-Laye, regnava la confusione. Nessuno aveva idea di dove fossero scesi i paracadutisti alleati. Alle 4 la situazione per i tedeschi rimaneva oscura. Il generale Blumentritt, capo di Stato Maggiore di von Rundstedt, chiese di poter impiegare contro gli sbarchi in Normandia la 12a divisione SS e la Panzer Lehr, ma si sentì rispondere che il Fuhrer vietava di ricorrere prima del tempo alla riserva strategica.
Sulla spiaggia di Utah, alle 6 e 30 in punto, mettono piede per primi sul suolo di Francia gli uomini della 4a divisione del generale Roosevelt, appartenente al 7° Corpo d'armata del generale Collins. Le prime azioni sono coronate da successo. Alle 9 del mattino, il reggimento di testa e i suoi carri avevano già infranto la fascia esterna del Vallo Atlantico e a mezzogiorno le avanguardie della 4a divisione si trovavano in vista di Pouppeville e di Sainte-Marie per collegarsi con i paracadutisti del generale Taylor.
Lo sbarco dei reparti successivi fu più facile, grazie all'intervento delle unità di demolizione della marina che avevano sgombrato la spiaggia dagli ostacoli fatti disseminare da Rommel. Tutti gli obiettivi prestabiliti erano stati raggiunti dalla 1a divisione già alle 13 del pomeriggio e si aspettano notizie altrettanto buone dalle truppe che contemporaneamente sono sbarcate più a oriente, cioè ad Omaha.
Ma qui le cose non vanno bene. Omaha era una spiaggia concava lunga sei chilometri e mezzo, con scogliere alte fino a trenta metri alle due estremità. In quel tratto una forte risacca rendeva difficili le operazioni di sbarco e inoltre il 5° Corpo d'armata del generale Gerow, destinato a conquistare quelle posizioni, non disponeva al momento dei famosi carri anfibi DD.
I tedeschi avevano fortificato molto bene le difese naturali. I capisaldi erano munitissimi. Mitragliatrici, cannoni anticarro e artiglieria leggera battevano la spiaggia dagli scogli, su cui le fortificazioni erano state addirittura scavate in caverna. Contro queste formidabili difese si avventò la 1a divisione statunitense del generale Huebner, finendo subito per trovarsi in gravi difficoltà, anche perché su Omaha era stata spostata la 352a divisione mobile tedesca. Nonostante le alte perdite americane la situazione non si sbloccava. A mezzogiorno le truppe da sbarco erano ancora ferme sulla spiaggia, sotto l'incessante fuoco nemico.
Cominciò allora un bombardamento navale delle difese tedesche e anche gli aerei vennero in soccorso. A terra si combatteva ferocemente. Stava per verificarsi a Omaha un disastro americano. Tuttavia al tramonto la penetrazione americana in questo settore non superava il chilometro e mezzo, benchè fosse stata aperta una via di uscita verso Vierville. I caduti erano più di tremila. Se i tedeschi fossero stati in grado di sferrare un violento contrattacco, gli americani sarebbero stati rigettati in mare.
Nel frattempo, a Gold la 50a divisione britannica è già in marcia verso Arromanches; a Juno, la 3a divisione canadese ha aggirato le difese di Courseulles e ha preso posizione sulle colline all'intorno; a Sword, la 3a divisione di fanteria canadese e tre gruppi di "commandos" si sono spinti a Bièville, fin quasi a quattro chilometri da Caen.
Il compito della Seconda armata britannica era quello di proteggere il fianco della Prima armata americana finchè questa avesse occupato Cherbourg e i porti della Bretagna. Si può dire che tutti gli obiettivi furono raggiunti. Al tramonto, la testa di ponte della 50a divisione misurava dieci chilometri per dieci, la zona di ancoraggio di Arromanches conquistata e La Rivière tenuta saldamente.
Erwin Rommel giunse nel tardo pomeriggio del 6 giugno al suo quartier generale di La Roche-Guyon. L'invasione era cominciata da dodici ore e ormai era troppo tardi per riprendere in mano la situazione. Rommel si gettò con l'impeto di sempre nell'azione, per tentare di tamponare le falle.
Sull'intero fronte la battaglia si placò col sopraggiungere del tramonto. Sia gli Alleati sia i tedeschi erano troppo stanchi per continuare i combattimenti. I tedeschi, poi, non avevano più i mezzi sufficienti per respingere l'assalto nemico e mancavano di truppe per un contrattacco in grande stile.
Non tutti gli obiettivi fissati sulle varie spiagge erano stati raggiunti dagli Alleati nel "D Day"; anzi, quasi nessuno. Eppure "Overlord" si poteva già considerare un grande successo. Centinaia di migliaia di uomini, decine di migliaia di carri armati e di veicoli erano stati sbarcati. Da questo momento diventava impensabile rigettarli in mare.


Ecco come Cornelius Ryan, nel libro "Il giorno più lungo", descrive la vigilia dello sbarco:
"...Un po' prima delle 21, del 5 giugno, una dozzina di piccole navi apparvero al largo delle coste francesi. Camminavano lentamente, così vicine alla riva che i loro equipaggi potevano vedere chiaramente le case normanne. Quei battelli passarono inosservati. Finirono il loro lavoro e se ne andarono. Erano dragamine inglesi, l'avanguardia della più gigantesca flotta che fosse mai stata riunita.
Perché, in quel momento, solcando le acque grige e tempestose della Manica, una valanga di navi rotolava verso l'Europa hitleriana, la potenza e l'ira del mondo libero finalmente scatenate. Arrivavano, un'ondata dopo l'altra, su un fronte di 30 chilometri, 5000 navi di ogni specie. C'erano trasporti d'assalto nuovi e veloci, "cargos" arrugginiti, piccoli piroscafi, traghetti della Manica, navi-ospedale, petroliere vetuste e sciami di rimorchiatori dalle forme tozze. C'erano interminabili colonne di navi da sbarco a fondo piatto, pesanti e antiestetiche, lunghe più di 100 metri. Molte di esse e le grosse navi trasporto avevano a bordo imbarcazioni più piccole per il vero e proprio attacco alle spiagge: ce n'erano più di 1500. Dragamine, scialuppe a motore, vedette posa-boe, precedevano i convogli, sopra i quali si libravano i palloni di sbarramento antiaereo. Squadriglie di aerei da caccia volavano sopra le nuvole. E, avvolgendo e proteggendo questa fantastica cavalcata di navi zeppe di uomini, di munizioni, di armi e di viveri, di carri armati e di cannoni, una formidabile "armada" di 702 navi da guerra montava la guardia
".




6 GIUGNO - Nelle prime ore del mattino, alle 6.30, dopo le prime operazioni di copertura e i primi aviolanci, gli Alleati sbarcano in Normandia, sulle coste settentrionali della Francia: si realizza la gigantesca operazione “Overlord”.

7 GIUGNO - Benché a mezzanotte del 6 gli Alleati non abbiano ancora raggiunto gli obiettivi previsti dal piano “Overlord”, tutti gli sbarchi (ad eccezione di quello sulla spiaggia “Omaha”) sono riusciti bene ed ora le truppe angloo-americane hanno stabilito ampie teste di sbarco.
Col sorgere del sole la battaglia si riaccende: il problema più urgente per gli Alleati è consolidare le teste di sbarco e raggiungere quanto prima la linea che avevano contato di raggiungere entro la sera precedente.
Per i tedeschi è questione di vita o di morte riuscire a respingere gli avversari prima che questi abbiano la possibilità di allargare la breccia aperta nelle loro difese costiere.
Il gen. Eisenhower, in visita al fronte, ordina al V e al VII corpo USA (la armata del gen. Bradley) di convergere, dopo aver conquistato rispettivamente Isigny (29a divisione) e Carentan (101a divisione d’assalto).
La 4a divisione del VII corpo avanza verso nord in direzione della linea Quinéville-Montébourg, ma viene fermata dalla decisa opposizione tedesca sulla linea di fortificazioni di Crisbecq e Azeville. Intanto colonne dell’8° reggimento convergono verso Ste-Mère-Eglise per sostenere le unità dell’82à divisione aviotrasportata nel respingere un pericoloso contrattacco tedesco da nord. Altre unità dell’82à divisione raggiungono la riva orientale del fiume Merderet, ma al ponte La-Fière incontrano una violenta resistenza. A sud di Ste-Mère-Eglise unità della 101a divisione aviotrasportata, che si trovano sulla riva settentrionale del fiume Douve, sospendono temporaneamente gli attacchi per stabilire una testa di ponte al di là del corso d’acqua: in compenso ricevono la resa dei distaccamenti tedeschi di Le Port e La Barquette. Il V corpo USA, con la 29a divisione sulla destra e la 1à sul fianco sinistro, avanza in direzione di Isigny e Bayeux.
Unità della 29a divisione raggiungono la regione di Saint-Laurent e si spingono in direzione sud-ovest verso Louvières e Montigny. Sul fianco destro del settore, in cui opera la 1a divisione USA, elementi del 26° reggimento non riescono a conquistare Formigny; al centro, il 18° reggimento preme in direzione di Engranville, Mandeville e Mosles; il 16° reggimento, sulla sinistra, conquista Huppain.
I tedeschi mantengono saldamente il possesso, lungo il fiume Dròme fino alla sua confluenza con L’Aure, dello stretto corridoio che divide le forze inglesi e americane. Verso sera iniziano a sbarcare le truppe della 2a divisione USA.
Nel settore in cui opera la 2a armata britannica, la 50a divisione (XXX corpo inglese) supera Bayeux (che viene presa miracolosamente intatta) e con alcune unità si spinge a sud della statale 13 che collega Bayeux a Caen: la stessa operazione viene compiuta più a est, vicino a Caen, da una brigata della 3a divisione canadese (Il corpo).

8 GIUGNO - Unità della 82a divisione aviotrasportata e della 4a divisione (VII corpo USA) iniziano ad avanzare in direzione di Cherbourg. Si rivelano inutili i tentativi del 22° reggimento (4a divisione) di superare la linea di fortificazioni tra Azeville e Crisbecq.
Lungo la riva del fiume Merderet, l’82a divisione aviotrasportata viene impegnata duramente dalla 243a divisione tedesca. Sul fianco meridionale del settore in cui opera il VII corpo, la 101à divisione aviotrasportata inizia la battaglia per la conquista di Carentan nel tentativo di ricongiungersi il più presto possibile con il V corpo americano. Quest’ultimo raggiunge gli obiettivi previsti per il giorno dello sbarco e nella notte conquista, in tutta tranquillità, Isigny; il suo 115° reggimento prosegue a sud del fiume Aure passando attraverso Longueville. Nel settore in cui opera la 1a divisione, mentre il 26° reggimento, nel tentativo di intrappolare il nemico tra le teste di sbarco americana e britannica, supera Tour-en-Bessin e nella notte Ste-Anne, il 16° tenta di bloccare la fuga dei tedeschi da Port-en-Bessin. Questi però riescono a mantenere sgombro un corridoio e a mettere in salvo, nella notte tra l’8 e il 9, buona parte delle loro forze.
Nel settore della 2a armata britannica (XXX corpo), il 47° reggimento Royal Marines entra nelle prime ore del mattino a Port-en-Bessin.

9 GIUGNO - Significativi progressi della 4a divisione americana (VII corpo) nel corso dell’avanzata verso Cherbourg: il 22° reggimento costringe alla resa i 169 uomini che difendono le fortificazioni di Azeville (4 Casematte di cemento armato mascherate da abitazioni civili, collegate con trincee coperte, armate di cannoni da 150 mm e sormontate da mitragliatrici); organizza quindi una Task Force che dirige verso Quinéville attraverso la breccia aperta ad Azeville. La 82a e la 101a divisione aviotraspottata lanciano i loro attacchi rispettivamente sul fiume Merderet e, a sud, verso Carentan.
Nel settore centrale del V corpo USA, il 38° reggimento della 2a divisione entra a Trévières mentre il 9° reggimento, da est, si spinge verso Rubercy. La 1a divisione raggiunge con le truppe del suo fianco sinistro Agy e Dodigny. Comincia lo sbarco della 2à divisione corazzata USA. Nel settore della 2a armata britannica, il I corpo incontra una forte resistenza nella zona di Caen.

10 GIUGNO - Ad Auville-sur-le-Vey avviene il ricongiungimcnto tra il V e il VII corpo della 1a armata USA: la città di Carentan rimane però ancora in mano alla 17a Panzerdivision tedesca. Nel settore del VII corpo USA, unità della 4a divisione conquistano alcune posizioni al di sotto della strada Montébourg-Quinéville e obiettivi lungo la strada Montébourg-Le Ham. La 101a divisione aviotrasportata inizia a circondare Carentan. Primi sbarchi della 9a divisione americana, ultima arrivata.
Sul fianco sinistro del V corpo USA, unità della 1a divisione raggiungono la strada che collega Bayeux a St.-Lò.
Nel settore della 2a armata britannica, continua la pressione del I e del XXX corpo su Caen. Il piano di Montgomery prevede un duplice attacco: da est ad opera del I corpo, che dalla riva destra dell’Orne avanzerà fino a Cagny, a sud-est della città; e da ovest ad opera della 7a divisione corazzata (XXX corpo) che movendo dalla regione di Bayeux e occupate TiIly-sur-Seulles, Villers-Bocage e Noyers-Bocage, occuperà le alture di Evrecy a sud-ovest di Caen.
La 7a divisione corazzata inizia la offensiva in direzione di Tilly-sur-Seulles incontrando la tenace resistenza della divisione Panzerlehr tedesca.

11 GIUGNO - Mentre la 90a divisione USA continua la sua avanzata, anche se lentamente, a occidente del fiume Merderet, la 101à divisione aviotrasportata porta l’attacco decisivo contro Carentan : nella notte, sotto il micidiale fuoco di artiglieria americano, i tedeschi abbandonano la città. Carentan viene occupata, ma i tentativi tedeschi per riprenderla non si fanno attendere.
Nel settore del V corpo USA, unità della 2a divisione corazzata ricevono l’ordine di rafforzare la testa di ponte ad Auville-sur-le-Vey fino a che la 101a divisione aerotrasportata (VII corpo) continuerà ad essere impiegata a Carentan.
Calma sugli altri fronti del V corpo USA.
La 7a divisione corazzata (XXX corpo della 2a armata britannica) è severamente impegnata intorno a Tully-sur-Seulles dalla Panzerlehr tedesca che ha adottato, complici la vegetazione e la natura del terreno, una tattica di guerriglia fatta di imboscate, rapidi avanzamenti e improvvise ritirate. Gli inglesi riescono anche ad impadronirsi di Tilly, ma un repentino contrattacco li espelle dall’abitato. Anche ad est di Caen, dove opera il I corpo britannico, la situazione per gli Alleati non è rosea:i contrattacchi tedeschi dell’LXXXVI corpo hanno bloccato l’avanzata.

12 GIUGNO - Il VII corpo USA (1a armata) non ha ancora raggiunto la linea che avrebbe dovuto occupare il giorno stesso dello sbarco. I suoi reparti avanzano comunque sia nella penisola del Cotentin che in direzione sud verso St.-Lò.
Sulla costa orientale della penisola, elementi della 9à insieme alla 4à divisione entrano a Crisbecq, da cui il nemico è stato costretto a ritirarsi: anche Ozeville viene conquistata dal 22° reggimento americano dopo un violento cannoneggiamento terrestre e navale. L’8° reggimento tenta alcuni attacchi contro Montébourg, ma viene fermato decisamente dai reparti della 243a divisione tedesca. Non riesce neppure un nuovo tentativo di due reggimenti della 9à divisione di proseguire l’avanzata ad ovest del fiume Merderet.
Unità dell’82a divisione aviotrasportata rinforzate e raggruppate attraversano il fiume Douve all’altezza di Benzeville-la-Bastille, nel tentativo di ricongiungersi con la 101a divisione aerotrasportata a Baupte.
Nel settore del V corpo americano, la 29a divisione attraversa il fiume Vire e conquista i ponti sul canale che collega i fiumi Vire e Taute, ma viene fermata nella regione di Monmartin-en-Graignes dalla risoluta resistenza tedesca. Inizia l’assalto delle divisioni del V corpo in direzione di St.-Lò: sul fianco sinistro la 1a divisione raggiunge Caumont, sulla strada St.-Lò-Caen.

13 GIUGNO - Nel settore in cui opera il VII corpo americano continua la lenta avanzata della 4a divisione lungo la costa orientale della penisola del Cotentin e della 90a in direzione ovest oltre il fiume Merderet. Un violento contrattacco della 17a Panzerdivision tedesca per riconquistare Carentan porta gli attaccanti fino alla periferia della cittadina: il pronto intervento della 101a divisione aviotrasportata e di reparti della 2a divisione corazzata USA ferma i tedeschi. Nel settore del V corpo USA, la 1adivisione conquista Caumont mentre il 38° reggimento della 2a divisione, con il determinante appoggio dell’artiglieria, giunge a circa 3 km dal fiume Elle in direzione di St.-Lò. Al calar della sera il gen. Bradley, comandante la 1a armata USA, arresta l’avanzata del V corpo con l’ordine di mantenere le posizioni, alla vigilia del tentativo del VII corpo di “tagliare” la penisola del Cotentin e di conquistare Cherbourg. Nel settore del XXX corpo britannico (2a armata britannica), la 7a divisione corazzata conquista Villers-Bocage, importante nodo stradale tra Caen e St.-Lò, e continua ad avanzare in direzione di Caen fino a Quota 213, a nord-ovest della città: qui deve arrestarsi per la vivace reazione della 2a Panzerdivision appena giunta dalla regione di Beauvais. Il contrattacco tedesco prende di sorpresa le truppe inglesi che si ritirano verso ovest abbandonando Villers-Bocage. La posizione dell’unità britannica è critica.
Alle 3,30, dalle rampe situate sulla costa della Manica, si inizia il lancio delle V1 tedesche (dalla lettera iniziale di Vergeltungswaffen, cioè “armi da rappresaglia”) suI territorio inglese.
La nuova arma, realizzata nella base di Peenemùnde molto simile a un piccolo aereo, è lunga 8 metri e presenta un’apertura alare di 5 metri per un peso complessivo di 2 t, compresi gli 800 kg circa di esplosivo. Lanciata da rampe leggermente inclinate (ma anche da aerei opportunamente modificati), la V1 vola a circa 1000 metri di altezza a una velocità massima di circa 600 km/h. Delle 10 V1 lanciate in questa occasione, solo 4 raggiungono il suolo inglese e di queste una solamente cade su Londra uccidendovi 6 persone.
Fino al 6 settembre ne verranno lanciate circa 8000 (oltre 1200 saranno in seguito lanciate da rampe installate sulla costa del Mare del Nord).

14 GIUGNO - Continua l’avanzata delle divisioni del VII corpo USA verso il nord e l’ovest della penisola del Cotentin, la 4a procedendo lungo il settore costiero orientale della penisola, l’82a aerotrasportata, la 9a e la 90a a occidente del fiume Merderet, nel tentativo di isolare Cherbourg.
Sulla spiaggia “Utah” sbarca la 79a divisione americana. Entra in linea il neoformato XIX corpo USA, che si colloca tra il V e il VII corpo.
Il XIX corpo è costituito dalla 29a divisione (trasferita dal V corpo) e dalla 30a che occupa il settore tra Carentan e Isigny.
Nel settore inglese, l’intervento della 1a divisione americana consente alla 7a divisione corazzata (XXX corpo britannico), premuta da sud dai Panzer tedeschi, di sganciarsi dal nemico e di dirigersi al sicuro verso la regione di Parfourn-l’Eclin.
Viene momentaneamente sospesa la offensiva contro Caen a est e a ovest del fiume Orne.

15 GIUGNO - Viene costituito l’VIII corpo americano al comando del gen. Troy H. Middleton: assume il controllo del settore ovest della penisola del Cotentin.Il gen. Cohlins, comandante il VII corpo USA, ritiene che gli sforzi principali delle sue truppe debbano essere volti a “tagliare” in due la penisola del Cotentin per conquistare quanto prima Cherbourg.

16 GIUGNO - Il VII corpo americano arriva al fiume Douve oltre il quale riesce a stabilire delle teste di ponte; unità della 82a divisione aviotrasportata entrano a St.-Sauveur-le-Vicomte, sulla riva occidentale del Douve, nel cuore della penisola del Cotentin: i tedeschi si ritirano in gran disordine. Nel settore del XIX corpo americano, mentre alcune unità della 30a divisione presidiano il canale che collega i fiumi Taute e Vire, la 29a divisione, in collegamento con la 2a divisione del V corpo, avanza in direzione di St.-Lò.

17 GIUGNO - La 9a divisione del VII corpo USA lancia una poderosa offensiva in direzione di Carteret sulla costa occidentale della penisola del Cotentin. Durante la notte sul 18, una colonna raggiunge Carteret isolando Cherbourg e la parte settentrionale della penisola. Rommel propone di evacuare la penisola, ma Hitler non vuoi nemmeno sentire parlare di sgombero. Non resta che ordinare alle divisioni che si trovano a nord (709a, 243a, 91a 77a) di sacrificarsi per Cherbourg: il resto dell’LXXXIV corpo tedesco (7a armata del gen. Dollmann) viene schierato a difesa della base della penisola del Cotentin. Hitler convoca bruscamente i marescialli Rundstedt e Rommel a Margival, presso Soissons, e si esibisce in una delle sue solite sfuriate. L’armata dell’ovest, dice, “si è lasciata cogliere nel sonno” e accusa le truppe di vigliaccheria. Rommel cerca di controbattere, mette in evidenza la sproporzione tra le forze alleate e quelle tedesche, propone nuovamente lo sgombero della penisola del Cotentin. Hitler però non cede. Contemporaneamente alla conquista di Carteret, l’82a divisione aviotrasportata, passata sotto il comando dell’VIII corpo, riceve l’ordine di stabilire una testa di ponte sulla riva destra del fiume Douve a Pont-l’Abbé. Nel settore del XIX corpo, la 29a divisione, che avanza verso St.-Lò, viene impegnata da paracadutisti tedeschi.

18 GIUGNO - Il comandante del XXI Gruppo d’armate, gen. Montgomery, emana la sua prima direttiva scritta dopo lo sbarco in Normandia, sollecitando la conquista di Caen e Cherbourg. Sul fronte di Cherbourg, il VII corpo americano inizia l’avanzata verso la città con la 9a, la 79a e la 4a divisione, rispettivamente a sinistra, al centro e a destra dello schieramento.
Immutata la situazione nel settore di St.-Lò dove il XIX corpo USA è bloccato a nord della città.

19 GIUGNO - Inizia l’attacco finale delle divisioni americane contro Cherbourg: sulla sinistra avanza la 9a in direzione di Helleville, St.-Christophe-du-Foc e Couville, al centro la 79a divisione dirige verso la linea Golleville-Urville e verso Bois-de-laBrique; nel settore destro dello schieramento USA, la 4a divisione, la più avanzata, incontra una fiera resistenza da parte delle forze tedesche poste a difesa di Cherbourg.
L’82a divisione aviotrasportata e la 90a vengono trasferite dal VII corpo all’VIII.

20 GIUGNO - Mentre continua l’offensiva del VII corpo USA contro Cherbourg (la 4a e la 79a divisione sono a circa 7 km dalla città), unità della 29a divisione (XIX corpo americano) tentano inutilmente di avanzare in direzione di St.-Lò.

21 GIUGNO - Le divisioni del VII corpo americano (9a 79a e 4a) si preparano per l’attacco finale contro Cherbourg.
Al calar della sera il gen. Collins, comandante il VII corpo, intima la resa al comandante della guarnigione di Cherbourg, gen. Karl Wilhelm von Schlieben. Da Cherbourg non viene risposta.

22 GIUGNO - Non ricevendo la VII armata nessuna risposta all’ultimatum del gen. Collins, alle 12,40 inizia l’attacco finale a Cherbourg con un intenso bombardamento aereo: le 3 divisioni del VII corpo (la 9a la 79a e la 4a) avanzano con difficoltà su un terreno accidentato, ma l’opposizione che incontrano non sempre è decisa: all’accanimento di alcune unità fa riscontro la resa affrettata di altri reparti.

23 GIUGNO - Le divisioni del VII corpo della 1a armata USA penetrano nelle difese esterne di Cherbourg; sul fianco sinistro, mentre il 60° reggimento (9a divisione) supera il settore di Flottemanville, il 47° completa la conquista di Quota 171; al centro dello schieramento alleato, la 79a divisione avanza in direzione di La-Mare-à-Canards, ma non riesce a superare questo caposaldo. In difficoltà, sulla destra, anche la 4a divisione che avanza verso Tourlaville.
A est, nel settore inglese, la 5a divisione (I corpo) conquista S.te-Honorine, a nord-est di Caen.

24 GIUGNO - Continuano i combattimenti attorno a Cherbourg: elementi della 9a divisione premono sulla città da nord-ovest mentre al centro i reggimenti della 79a divisione raggiungono e superano La-Mare-à-Canards, Hameau-Gringer e puntano su Fortdu-Roule.
Il comandante dellla guarnigione di Cherbourg, gen. Schlieben, fa presente ai suoi superiori che le capacità combattive delle sue truppe diminuiscono rapidamente: dubita che si possa resistere ad un nuovo attacco.

25 GIUGNO - La battaglia per Cherbourg è al suo epilogo: bombardamenti navali e aerei stanno stroncando la resistenza degli uomini del gen. Schlieben il quale, infatti, dopo una giornata di furibondi combattimenti, invia al comando generale di Rommel un messaggio sfiduciato e pessimista: “Le truppe sono sfinite.., e la perdita della città è inevitabile e prevedibile a breve scadenza... Tra i difensori della città ci sono 2000 feriti che non possono essere curati.
Il sacrificio dei superstiti è ancora necessario?”. Rommel risponde seccamente: “Conformemente agli ordini del Fùhrer dovete resistere fino all’ultima cartuccia”. Le unità del VII corpo americano sono ormai nei sobborghi di Cherbourg.
Nel settore in cui operano i corpi della 2a armata britannica, la 49a divisione (XXX corpo) inizia l’offensiva in direzione di Rauray, località a circa 15 km ad ovest di Caen. In difesa della città sono schierate numerose divisioni dell’LXXXVI corpo e del I e II corpo Panzer SS.

26 GIUGNO - Si stringe il cerchio del VII corpo americano attorno a Cherbourg. L’avanzata dei reparti della 9a divisione da ovest si arresta davanti all’arsenale: intanto il 39° reggimento raggiunge Octeville e il sobborgo di St.-Sauveur-le-Vicomte dove prende prigionieri un migliaio di tedeschi, con il comandante la guarnigione gen. Schlieben e l’ammiraglio Waither Hennecke, comandante navale della città, che ha fatto distruggere completamente il porto per evitare che possa essere usato dagli Alleati (per questo gesto viene decorato da Hitler con il cavalierato della Croce di Ferro). Ma la battaglia non è finita.

27 GIUGNO - A Cherbourg capitola anche l’arsenale, mentre unità della 4a e della 9a divisione avanzano in direzione di Cap-Lévy (a est della città) e Cap-de-la-Hague (l’estrema punta nord-occidentale della penisola del Cotentin).
Continua nel settore della 2a armata britannica l’attacco della 49a divisione (XXX corpo) a ovest di Caen con la conquista di Rauray: un contrattacco della 9à divisione Panzer SS viene respinto. A est della 49à divisione, l’VIII corpo britannico riesce a stabilire una piccola testa di ponte oltre l’Odon, aggravando la posizione dei tedeschi nella regione di Grainville (è iniziata l’operazione “Epsom”, che prevede l’aggiramento di Caen da sud).

28 GIUGNO - La 79a divisione americana (VII corpo) lascia il settore di Cherbourg per raggiungere la zona in cui opera l’VIII corpo USA, a sud-ovest della penisola del Cotentin; la 9a divisione continua i preparativi per l’attacco finale a Cap-de-la-Hague.

29 GIUGNO - A Cherbourg si arrende anche l’ultimo caposaldo tedesco nella zona del porto.
e cadono le ultime resistenze tedesche a Cap- de-la-Hague.

30 GIUGNO - Il comando della 1a armata USA emana alle sue divisioni le direttive per una offensiva generale che dovrà iniziare il 3 luglio con l’VIII corpo americano. Anche perchè i tedeschi iniziano ad essere disorganizzati nella resistenza.



L'offensiva degli americani si sposta a St.-Lò, che data la sua importanza quale centro di comunicazione e di commerci, era stata fortemente presidiata dai Tedeschi, tanto più che la difesa della città era molto agevolata da una cerchia di alture e di fitte foreste. A una di queste alture (quota 192) i Tedeschi da mesi avevano fatto lavori erigendo un formidabile fortilizio. Occorsero infatti molte ore di bombardamenti d'inaudita violenza perchè fosse la fortezza espugnata. Furono infatti impiegati non meno di 3000 aeroplani
E fu qui che cadde il generale Teodoro Roosevelt, congiunto del Presidente degli Stati Uniti, mentre nel campo avverso, invece, una bomba colpì l'automobile del maresciallo Rommel mentre stava compiendo un giro d'ispezione (rimase ferito, poi morì - si disse- in seguito alle ferite. Mentre un'altra versione dice che morì per .assassinio o per falso suicidio)
Fu necessaria agli americani una settimana prima che potessero impadronisrsi di St.-Lò e quindi continuare la loro marcia verso sud occupando (dal 10 al 15 agosto) l'intera penisola brettone e soprattutto Rennes, centro stradale e ferroviario assai importante, che univa la penisola al resto della Francia. Rennes era la chiave della regione.
Dal giorno dell’invasione, il 6 giugno, gli Alleati hanno sbarcato in Normandia 920.000 uomini, quasi 600.000 t di materiale e 177.000 veicoli. Da 15 a 16 sono le divisioni che ciascuna delle 2 armate alleate (la 1a americana e la 2a britannica) può mettere in linea, mentre altre 15 (9 USA e 6 anglo-canadesi) sono di riserva pronte ad imbarcarsi nel Sud dell’Inghilterra. In 24 giorni di combattimenti, gli Alleati hanno perduto quasi 62.000 uomini tra morti e feriti.

lunedì 3 giugno 2013

Leonardo e la Battaglia di Anghiari




"1. Il 29 Giugno 1440 il cardinale Trevisan Ludovico, detto Scarampo Mezzarota, legato di Papa Eugenio IV, riorganizzato sotto l'obbedienza della chiesa un esercito di 4.000 uomini, si trasferì ad Anghiari. Qui era atteso dall'esercito fiorentino, forte anch'esso di 4.000 unità, e da una compagnia della Repubblica di Venezia di 300 cavalieri, al comando di Micheletto Attendolo Sforza. 
Nello stesso giorno, si distribuirono le aree per gli alloggiamenti degli eserciti della Lega nel territorio attorno ad Anghiari. Nell'area di Maraville si attestò l'esercito di Eugenio IV, sotto il comando di Simonetta da Castelpeccio. Nell'area tra Palazzolo e le chiese di S. Girolamo e S. Stefano, si acquartierò l'esercito fiorentino, riunito sotto la guida di Neri Capponi e Bernardetto de' Medici, commissari generali dell'esercito, nominati dalla Repubblica Fiorentina. A questo contingente si erano aggregate le compagnie dei capitani anghiaresi, tra i quali: Agnol Taglia, Grigorio di Vanni e Leale di Anghiari.

2. Nella notte tra il 28 e il 29 Giugno, Niccolò Piccinino, alla testa di un esercito, numericamente superiore a quello della lega, al soldo di Filippo Maria Visconti, duca di Milano, deliberò di venire a giornata - cioè di scontrarsi in battaglia - con l'esercito della Lega che stazionava ad Anghiari.
Il Piccinino sicuro della sua superiorità, dopo un'escursione notturna nel campo nemico, mosse le sue genti dal campo di Selci. Nel giorno 29 Giugno, senza che i nemici se ne accorgessero, entrò in Sansepolcro e raccolse oltre 2.000 uomini, attratti dalle virtù militari del capitano visconteo e desiderosi di fare il sacco ai castellani di Anghiari.

3. Era il 29 Giugno 1440, ricorrenza dei SS. Pietro e Paolo, quando Niccolò Piccinino, nelle ore pomeridiane, puntò con il suo esercito su Anghiari. 

4. L'azione militare basata sulla sorpresa, forse, sarebbe riuscita, al Piccinino se Micheletto, dal suo alloggiamento presso Monteloro, non avesse visto un sottile polverio sullo stradone fra Sansepolcro e Anghiari, il quale ingrossando, dette conferma dell'approssimarsi dell'esercito nemico.

5. Micheletto Sforza, dato l'allarme, con i suoi cavalieri corse subito all'imbocco del ponte sul canale per organizzare una prima difesa contro i milanesi e consentire ai commilitoni della cavalleria di mettersi in arnese per la battaglia.

6. In breve tempo, i capitani della lega giunsero nel campo presso il ponte sul canale: Simonetta da Castelpeccio, Giovanpaolo Orsini, Leale di Anghiari, Niccolò da Pisa ed altri ancora.
Tennero consiglio e, quando l'esercito milanese era a meno di un tiro di balestra dal ponte sulla reglia, fu stabilito che l'esercito del Simonetta coprisse il lato destro dello schieramento, quello fiorentino-anghiarese il lato di centro e sinistro, mentre, i cavalieri veneziani ebbero il compito di provvedere alla difesa del ponte come unità mobile di tutto lo schieramento. Le fanterie frattanto, presero posizione lungo i ciglionamenti del canale e, con le loro balestre, colpirono sui fianchi l'esercito aggressore.

7. Eroica fu la difesa della cavalleria veneziana all'imbocco del ponte. Micheletto ed i suoi dovettero più volte ricacciare indietro gli inimici finchè, di fronte ad un attacco cruento di Francesco Piccinino e di Astorre Manfredi, la cavalleria di Micheletto fu percossa e sospinta dal ponte fino all'inizio dell'erta.

8. In questa fase la battaglia s'accese e, come dicono le cronache, intervennero fatti mirabili. Il Simonetta alleggerì la pressione sul fianco destro del fronte, costringendo Francesco Piccinino ed Astorre Manfredi a ritirarsi sino al ponte ove la zuffa aumentò in modo tragico.
Si combattè, per quasi quattro ore, senza soluzione di continuità sul ponte della reglia ora dominato dai milanesi, ora dominato dai fiorentini. In queste vicende alterne della battaglia, cadde prigioniero dei viscontei Niccolò da Pisa; rischiò la cattura anche Micheletto. Già sembrava che lo scontro fosse favorevole al Piccinino per un'azione fulminea lungo l'asse dello stradone -da S. Stefano alla porta degli Auspici-, quando il Simonetta e l'Orsini scesero dal colle tra Palazzolo e Maraville con una schiera serrata di armati. Liberarono Niccolò da Pisa e, con un'operazione a tenaglia, divisero in due parti l'esercito del Piccinino, un terzo del quale rimase chiuso di qua dal ponte verso Anghiari.

9. Era già notte alta, quando la battaglia si concluse con la vittoria dell'esercito della lega. Aveva giocato a suo favore la conoscenza del luogo, la stanchezza delle genti e dei cavalli del Piccinino, ma soprattutto, come riferisce Lorenzo Taglieschi negli "Annali della Terra di Anghiari", l'essersi in verso il declino del sole levato un vento impetuoso molto, il quale, gettando la polvere nel volto e negli occhi de' suoi, tolse loro il vedere ed il respirare, chiede finalmente la vittoria a quelli della lega i quali, passato grossi il ponte con gran ferocia urtato addosso a nimici, in guisa li disordinarono che non trovando più tempo né comodità di rimettersi insieme li costrinsero a fuggire, essendo Nicolò, con mille cavalli, al Borgo ricoveratosi.

10. Alla conclusione si contarono molti morti e feriti, 600 corpi di cavalli restarono sul campo tra l'una e l'atra parte.
Dice dunque Neri Capponi che di 26 capi di squadre de' nimici 22 ne furono prigionieri, 400 huomini d'arme, 1540 borghesi da taglia che insomma furono tutti 300 cavalieri, ma che, aiutati dai medesimi vincitori, secondo la stolta disciplina di quei tempi, gli huomini d'arme, e le persone di qualità a fuggirsi. Con gran fatica da commissari fiorentini furono condotti ad Anghiari sei capitani di conto prigionieri; Astorre Manfredi, Lodovico da Parma, Romano da Cremona, Sacromoro Visconti, Danese e Antonello della Torre. Fu nondimeno la preda grandissima".


11. Nondimeno è da considerare che questa vittoria, se ben si fuggì il Piccinino, con non più di mille cavalli, fu molto più utile per la Toscana che dannosa per il Visconte; iperocchè, se i fiorentini perdevano, la Toscana veniva tutta in mano al Piccinino, la dove, perdevano, egli non perdette altro che l'armi e i cavalli del suo esercito i quali, con non molti danni, potè riavere facilmente "



Dietro l’affresco La battaglia di Marciano di Giorgio Vasari è probabilmente nascosto un lavoro di Leonardo da Vinci creduto ormai perso, La battaglia di Anghiari. Parola di uno scanner di ultima generazione che ha “visto” un pigmento nero poi prelevato dal muro del salone dei Cinquecento a Palazzo Vecchio a Firenze. Il pigmento è stato poi analizzato da un microscopio a scansione elettronica con spettroscopia a raggi X a dispersione di energia (SEM-EDX) scoprendolo del tutto simile a uno utilizzato in tele come la Gioconda. Sembra la trama di un romanzo d’azione a sfondo storico e artistico invece è la storia che sta appassionando oggi la rete, grazie ai numerosi articoli che stanno rimbalzando sui social network. Su Twitter il trend “Battaglia di Anghiari” e “Vasari” stanno rapidamente scalando la top ten italiana. Come è avvenuta la scoperta e con che strumenti?




Per prima cosa si è seguita l’indicazione nascosta dallo stesso Vasari nell’affresco. Osservando la foto in alto è possibile dare un’occhiata all’ingrandimento di una porzione della Battaglia. Si può leggere “Cerca Trova“. E’ il primo indizio che ha portato gli storici a ipotizzare che dietro all’affresco si trovasse qualcosa di celato. Non tanto un pentimento, ossia un affresco sottostante e coperto, quanto proprio un’altra opera d’arte, protetta da un muro secondario. Il lato con l’affresco è l’unico con un muro doppio. Ma quale opera si nasconde dietro?
Per saperlo con certezza si dovrebbe scomporre il muro con l’affresco di Vasari ma per ovvi motivi è impossibile. Così si è passati da alcuni microscopici punti in cui c’è deterioramento per non intaccare e rovinare il lavoro. In un’intercapedine di 1.5 cm scovata grazie a uno scanner ad altissima risoluzione, è stata infilata una piccola sonda endoscopica (come quelle utilizzate per esami all’interno del corpo) e si è raccolto un frammento di pigmento di manganese e cristallo di lacca chiamato cocciopesto. Ebbene, è lo stesso utilizzato da Leonardo da Vinci in dipinti come La Gioconda o San Giovanni Battista. In più è stato trovato un altro pigmento rosso esterno all’affresco del Vasari e alla composizione dei mattoni del muro.
Dunque, si potrebbe nascondere proprio un Leonardo dietro il Vasari con le due battaglie una sopra l’altra, il “Marciano” a coprire “Anghiari”. La scoperta è merito di un lavoro congiunto della National Geographic Society e del Center of Interdisciplinary Science for Art, Architecture and Archaeology (CISA3) della University of California, San Diego’s (UCSD) e il Comune di Firenze che ha coordinato il progetto. E’ una notizia straordinaria perché si credeva che l’opera di Leonardo fosse andata persa nel XVI secolo.
La tecnologia ha potuto iniziare un discorso che probabilmente aiuterà anche a proseguire. Si potrà infatti pensare a un modo non invasivo e non distruttivo per cercare di studiare meglio l’affresco sottostante (prima di tutto capendo se è presente al 100% e in che condizioni) e provare a dividere un’opera da un’altra, grazie ai moderni strumenti. Non sarà facile, ma il primo passo è stato fatto. Un prodigio di tecnologia del quale il grande Leonardo sarebbe stato piuttosto fiero.




                                                                                   
Tratto da: http://www.tecnocino.it/2012/03/articolo/scanner-scopre-il-leonardo-perduto-della-battaglia-di-anghiari/37675/


Infine, lo speciale del documentario rai Voyager, dedicato appunto alle ricerche in corso di svolgimento sull'affresco del Vasari nel Salone dei Cinquecento, a Firenze: