lunedì 3 giugno 2013

Leonardo e la Battaglia di Anghiari




"1. Il 29 Giugno 1440 il cardinale Trevisan Ludovico, detto Scarampo Mezzarota, legato di Papa Eugenio IV, riorganizzato sotto l'obbedienza della chiesa un esercito di 4.000 uomini, si trasferì ad Anghiari. Qui era atteso dall'esercito fiorentino, forte anch'esso di 4.000 unità, e da una compagnia della Repubblica di Venezia di 300 cavalieri, al comando di Micheletto Attendolo Sforza. 
Nello stesso giorno, si distribuirono le aree per gli alloggiamenti degli eserciti della Lega nel territorio attorno ad Anghiari. Nell'area di Maraville si attestò l'esercito di Eugenio IV, sotto il comando di Simonetta da Castelpeccio. Nell'area tra Palazzolo e le chiese di S. Girolamo e S. Stefano, si acquartierò l'esercito fiorentino, riunito sotto la guida di Neri Capponi e Bernardetto de' Medici, commissari generali dell'esercito, nominati dalla Repubblica Fiorentina. A questo contingente si erano aggregate le compagnie dei capitani anghiaresi, tra i quali: Agnol Taglia, Grigorio di Vanni e Leale di Anghiari.

2. Nella notte tra il 28 e il 29 Giugno, Niccolò Piccinino, alla testa di un esercito, numericamente superiore a quello della lega, al soldo di Filippo Maria Visconti, duca di Milano, deliberò di venire a giornata - cioè di scontrarsi in battaglia - con l'esercito della Lega che stazionava ad Anghiari.
Il Piccinino sicuro della sua superiorità, dopo un'escursione notturna nel campo nemico, mosse le sue genti dal campo di Selci. Nel giorno 29 Giugno, senza che i nemici se ne accorgessero, entrò in Sansepolcro e raccolse oltre 2.000 uomini, attratti dalle virtù militari del capitano visconteo e desiderosi di fare il sacco ai castellani di Anghiari.

3. Era il 29 Giugno 1440, ricorrenza dei SS. Pietro e Paolo, quando Niccolò Piccinino, nelle ore pomeridiane, puntò con il suo esercito su Anghiari. 

4. L'azione militare basata sulla sorpresa, forse, sarebbe riuscita, al Piccinino se Micheletto, dal suo alloggiamento presso Monteloro, non avesse visto un sottile polverio sullo stradone fra Sansepolcro e Anghiari, il quale ingrossando, dette conferma dell'approssimarsi dell'esercito nemico.

5. Micheletto Sforza, dato l'allarme, con i suoi cavalieri corse subito all'imbocco del ponte sul canale per organizzare una prima difesa contro i milanesi e consentire ai commilitoni della cavalleria di mettersi in arnese per la battaglia.

6. In breve tempo, i capitani della lega giunsero nel campo presso il ponte sul canale: Simonetta da Castelpeccio, Giovanpaolo Orsini, Leale di Anghiari, Niccolò da Pisa ed altri ancora.
Tennero consiglio e, quando l'esercito milanese era a meno di un tiro di balestra dal ponte sulla reglia, fu stabilito che l'esercito del Simonetta coprisse il lato destro dello schieramento, quello fiorentino-anghiarese il lato di centro e sinistro, mentre, i cavalieri veneziani ebbero il compito di provvedere alla difesa del ponte come unità mobile di tutto lo schieramento. Le fanterie frattanto, presero posizione lungo i ciglionamenti del canale e, con le loro balestre, colpirono sui fianchi l'esercito aggressore.

7. Eroica fu la difesa della cavalleria veneziana all'imbocco del ponte. Micheletto ed i suoi dovettero più volte ricacciare indietro gli inimici finchè, di fronte ad un attacco cruento di Francesco Piccinino e di Astorre Manfredi, la cavalleria di Micheletto fu percossa e sospinta dal ponte fino all'inizio dell'erta.

8. In questa fase la battaglia s'accese e, come dicono le cronache, intervennero fatti mirabili. Il Simonetta alleggerì la pressione sul fianco destro del fronte, costringendo Francesco Piccinino ed Astorre Manfredi a ritirarsi sino al ponte ove la zuffa aumentò in modo tragico.
Si combattè, per quasi quattro ore, senza soluzione di continuità sul ponte della reglia ora dominato dai milanesi, ora dominato dai fiorentini. In queste vicende alterne della battaglia, cadde prigioniero dei viscontei Niccolò da Pisa; rischiò la cattura anche Micheletto. Già sembrava che lo scontro fosse favorevole al Piccinino per un'azione fulminea lungo l'asse dello stradone -da S. Stefano alla porta degli Auspici-, quando il Simonetta e l'Orsini scesero dal colle tra Palazzolo e Maraville con una schiera serrata di armati. Liberarono Niccolò da Pisa e, con un'operazione a tenaglia, divisero in due parti l'esercito del Piccinino, un terzo del quale rimase chiuso di qua dal ponte verso Anghiari.

9. Era già notte alta, quando la battaglia si concluse con la vittoria dell'esercito della lega. Aveva giocato a suo favore la conoscenza del luogo, la stanchezza delle genti e dei cavalli del Piccinino, ma soprattutto, come riferisce Lorenzo Taglieschi negli "Annali della Terra di Anghiari", l'essersi in verso il declino del sole levato un vento impetuoso molto, il quale, gettando la polvere nel volto e negli occhi de' suoi, tolse loro il vedere ed il respirare, chiede finalmente la vittoria a quelli della lega i quali, passato grossi il ponte con gran ferocia urtato addosso a nimici, in guisa li disordinarono che non trovando più tempo né comodità di rimettersi insieme li costrinsero a fuggire, essendo Nicolò, con mille cavalli, al Borgo ricoveratosi.

10. Alla conclusione si contarono molti morti e feriti, 600 corpi di cavalli restarono sul campo tra l'una e l'atra parte.
Dice dunque Neri Capponi che di 26 capi di squadre de' nimici 22 ne furono prigionieri, 400 huomini d'arme, 1540 borghesi da taglia che insomma furono tutti 300 cavalieri, ma che, aiutati dai medesimi vincitori, secondo la stolta disciplina di quei tempi, gli huomini d'arme, e le persone di qualità a fuggirsi. Con gran fatica da commissari fiorentini furono condotti ad Anghiari sei capitani di conto prigionieri; Astorre Manfredi, Lodovico da Parma, Romano da Cremona, Sacromoro Visconti, Danese e Antonello della Torre. Fu nondimeno la preda grandissima".


11. Nondimeno è da considerare che questa vittoria, se ben si fuggì il Piccinino, con non più di mille cavalli, fu molto più utile per la Toscana che dannosa per il Visconte; iperocchè, se i fiorentini perdevano, la Toscana veniva tutta in mano al Piccinino, la dove, perdevano, egli non perdette altro che l'armi e i cavalli del suo esercito i quali, con non molti danni, potè riavere facilmente "



Dietro l’affresco La battaglia di Marciano di Giorgio Vasari è probabilmente nascosto un lavoro di Leonardo da Vinci creduto ormai perso, La battaglia di Anghiari. Parola di uno scanner di ultima generazione che ha “visto” un pigmento nero poi prelevato dal muro del salone dei Cinquecento a Palazzo Vecchio a Firenze. Il pigmento è stato poi analizzato da un microscopio a scansione elettronica con spettroscopia a raggi X a dispersione di energia (SEM-EDX) scoprendolo del tutto simile a uno utilizzato in tele come la Gioconda. Sembra la trama di un romanzo d’azione a sfondo storico e artistico invece è la storia che sta appassionando oggi la rete, grazie ai numerosi articoli che stanno rimbalzando sui social network. Su Twitter il trend “Battaglia di Anghiari” e “Vasari” stanno rapidamente scalando la top ten italiana. Come è avvenuta la scoperta e con che strumenti?




Per prima cosa si è seguita l’indicazione nascosta dallo stesso Vasari nell’affresco. Osservando la foto in alto è possibile dare un’occhiata all’ingrandimento di una porzione della Battaglia. Si può leggere “Cerca Trova“. E’ il primo indizio che ha portato gli storici a ipotizzare che dietro all’affresco si trovasse qualcosa di celato. Non tanto un pentimento, ossia un affresco sottostante e coperto, quanto proprio un’altra opera d’arte, protetta da un muro secondario. Il lato con l’affresco è l’unico con un muro doppio. Ma quale opera si nasconde dietro?
Per saperlo con certezza si dovrebbe scomporre il muro con l’affresco di Vasari ma per ovvi motivi è impossibile. Così si è passati da alcuni microscopici punti in cui c’è deterioramento per non intaccare e rovinare il lavoro. In un’intercapedine di 1.5 cm scovata grazie a uno scanner ad altissima risoluzione, è stata infilata una piccola sonda endoscopica (come quelle utilizzate per esami all’interno del corpo) e si è raccolto un frammento di pigmento di manganese e cristallo di lacca chiamato cocciopesto. Ebbene, è lo stesso utilizzato da Leonardo da Vinci in dipinti come La Gioconda o San Giovanni Battista. In più è stato trovato un altro pigmento rosso esterno all’affresco del Vasari e alla composizione dei mattoni del muro.
Dunque, si potrebbe nascondere proprio un Leonardo dietro il Vasari con le due battaglie una sopra l’altra, il “Marciano” a coprire “Anghiari”. La scoperta è merito di un lavoro congiunto della National Geographic Society e del Center of Interdisciplinary Science for Art, Architecture and Archaeology (CISA3) della University of California, San Diego’s (UCSD) e il Comune di Firenze che ha coordinato il progetto. E’ una notizia straordinaria perché si credeva che l’opera di Leonardo fosse andata persa nel XVI secolo.
La tecnologia ha potuto iniziare un discorso che probabilmente aiuterà anche a proseguire. Si potrà infatti pensare a un modo non invasivo e non distruttivo per cercare di studiare meglio l’affresco sottostante (prima di tutto capendo se è presente al 100% e in che condizioni) e provare a dividere un’opera da un’altra, grazie ai moderni strumenti. Non sarà facile, ma il primo passo è stato fatto. Un prodigio di tecnologia del quale il grande Leonardo sarebbe stato piuttosto fiero.




                                                                                   
Tratto da: http://www.tecnocino.it/2012/03/articolo/scanner-scopre-il-leonardo-perduto-della-battaglia-di-anghiari/37675/


Infine, lo speciale del documentario rai Voyager, dedicato appunto alle ricerche in corso di svolgimento sull'affresco del Vasari nel Salone dei Cinquecento, a Firenze:

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