giovedì 18 aprile 2013

"Uomini contro" e corazze di latta



In una scena ormai tristemente entrata nell'immaginario collettivo, ecco la sequenza del film "Uomini contro" in cui il generale Leone intima alla sua divisione "corazzata" di andare allo sbaraglio nella Terra di Nessuno per interrompere la linea di reticolati nemici tramite cesoie; la sua sicurezza risiede nell'impiego di quella che dovrebbe costituire una difesa personale insuperabile, ma che alla prova del fuoco si dimostra più goffa di un'armatura medievale, senza tuttavia replicarne la robustezza. Si tratta della speranza utopistica che lo spessore di una manciata di centimetri di acciaio possa frenare l'impatto di un proiettile di mitragliatrice esattamente come un cavaliere si proteggeva dalle frecce nemiche, che ovviamente però presentavano una capacità di penetrazione nettamente inferiore. L'episodio è tratto dal libro che fornisce ispirazione all'opera cinematografica, ovvero "Un anno sull'altipiano" di Emilio Lussu, un diario autobiografico di guerra tenuto da un ufficiale di stanza sul Carso; la veridicità storica del reale utilizzo di tale soluzione bellica rimane dubbia, anche se si registra effettivamente un tentativo di introdurre le cosiddette "corazze Farina". Erano la protezione blindata principale dei membri delle compagnie della morte incaricati di aprire i varchi nei reticolati nemici. Realizzate in taglia unica, pesavano 9250 grammi ed erano formate da un piastrone trapezoidale,della misura di mm 30x40 circa, composto da 5 strati di lamiera d'acciao al nichel-cromo, incurvati verso i fianchi dello spessore totale di mm 6 e tenuti insieme da 23 chiodi ribattuti lungo i bordi, e da due para-spalle blindati mobili composti da 4 strati. Due linguette metalliche articolavano i para-spalle. Fissate al bordo esterno due bretelle con fibbia scorrevole venivano incrociate sulla schiena ed allacciate sul davanti. Due bracciali fissati all'interno permettevano di impugnare la corazza come uno scudo. La ditta Farina dichiarava la corazza resistente alla perforazione da parte del proiettile cal.6,5 mm del mod.'91 esploso da non meno di 125 metri. Dalla fabbrica uscì anche un altro tipo di corazza modello "Corsi" che non fu mai adottata ufficialmente dalle autorità militari. Questo modello era costituito da lamine in acciao al nickel cromo ad altissima resistenza e vennero poste in vendita privata. Per la loro struttura snodata ebbero il grande vantaggio di non intralciare i movimenti al punto da poter essere indossate sotto la giubba d'ordinanza. Le sperimentazioni avvennero con esito favorevole alla scuola di fanteria di Parma e alla scuola di tiro a Nettuno, con pallottole da fucile '91 e con pallottole da pistola Glisenti Mod.1910. Ma l'impatto contro le mitragliatrici austriache, forse più potenti delle armi impiegate nei test di laboratorio, rivelò tutta l'inadeguatezza di queste armature, segnando il definitivo tramonto del sogno di contrastare la forza dei proiettili sul corpo dei soldati...


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