venerdì 3 maggio 2013

I cieli sopra le trincee: il Dirigibile


Con il termine "Dirigibile" s'intende un veicolo aeronautico basato non tanto sulla potenza dei motori, o propulsori vettoriali (che come anticipa il nome mantengono soprattutto una funzione direzionale, oltre che di alimentazione dell'apparecchiatura di bordo), quanto piuttosto sull'involucro riempito ad elio, un gas nobile notevolmente più leggero dell'aria. I primi prototipi si devono, guarda caso, ad uno scienziato che fece dell'aerodinamica una ragione di vita: Leonardo da Vinci, celebre per la sua "macchina volante", che avrebbe dovuto essere messa in moto dalla solo forza muscolare umana, intuì già all'epoca del soggiorno a Roma le potenzialità dell'aria calda, facendo volare vesciche di stoffa o tela gonfiate grazie al semplice fiato. Se si escludono le sperimentazioni dei fratelli Montgolfier, che diedero origine alla mongolfiera (di cui il dirigibile spartisce ovviamente il principio di funzionamento) alla fine del XVIII secolo, fu necessario attendere il 1884 perché apparisse il primo dirigibile come lo intendiamo oggi, opera di Charles Renard e Arthur Krebs; non mancarono le contestazioni, una su tutte quella dell'Italiano Vicini, che rivendicò inutilmente la paternità dell'invenzione. Un deciso impulso allo sviluppo dell'aerostatica fu impresso dall'introduzione del motore a scoppio uscito dalle fucine Dalmier, tanto da indurre la suddivisione degli aeromobili in ben tre categorie: rigidi, semi-rigidi e non rigidi.



I primi sono costituiti da un esoscheletro di acciaio che imponeva la separazione della massa di gas in varie celle indipendenti. Quelli non rigidi prevedono invece sacche di gas all'interno dell'involucro esposto all'atmosfera (dette ballonet), distribuite in modo tale da poter regolare l'altitudine del dirigibile tramite opportune variazioni di pressione. La rotta, in particolare per quanto riguarda le manovre più rischiose, quali ascensione ed atterraggio, viene mantenuta tramite motori ad elica, in accoppiata con le alette laterali e il timone. L'equipaggio lavora invece al riparo della "gondola", ovvero l'abitacolo a forma di parallelepipedo agganciato al telaio con cavi ad alta resistenza. Attualmente sono gli unici aeronavi ancora in attività, per quanto adibiti più che altro a scopi dimostrativi. Un esempio di ibrido semi-rigido rimane invece lo Zeppelin tedesco.



La guerra di Libia del 1911 fu teatro del primo dispiegamento di dirigibili che la Storia conosca; non è un caso che l'Italia fosse all'avanguardia nel settore allo scoppio della Prima Guerra Mondiale, potendo contare su una flotta secondo soltanto a quelle di Germania e Francia; si ipotizzò di sfruttare gli aeromobili in primo luogo come mezzi da ricognizione, e successivamente perfino per bombardamenti a tappeto sulle fortificazioni nemiche. Tuttavia, si resero subiti evidenti i limiti di questa soluzione bellica, principalmente a causa dei difetti di manovrabilità tipici di un veicolo in balia delle condizioni meteorologiche; il supporto alle truppe di terre risulta da subito poco efficace, di conseguenza i comandi ripiegarono ben presto su blitz notturni, preferibilmente propiziati da un cielo nuvoloso o dalla luna nuova, che individuano come bersagli logistici i campi di aviazione avversari. I dirigibili si trovarono infatti ad agire a stretto contatto con i biplani e già a partire dal 1916 si fecero protagonisti di pattugliamenti lungo tutta la costa mediterranea; l'impiego si intensificò durante gli ultimi mesi del conflitto, quando opportune innovazioni consentirono di raggiungere un'autonomia maggiore. Al momento della resa austroungarica, gli aeromobili italiani dominavano ancora i cieli europei, in quanto le altre potenze avevano rinunciato a sfruttarne le possibilità esplorative per questioni economiche; ciò andò a vantaggio di ingegneri come il milanese Enrico Forlanini, che per tutto l'arco delle ostilità continuò a perfezionare il dirigibile semi-rigido. Una volta venute meno le applicazioni belliche, una sua creazione inaugurò, il 4 aprile 1919, il primo servizio di trasporto civile, che poneva in collegamento Roma con Napoli.


A partire da quell'evento, iniziò l'epopea del dirigibile, che però si concluse dopo neanche un ventennio, a causa delle ricadute sull'opinione pubblica del terribile incidente dell'Hindenburg, che il 6 maggio del 1937 prese fuoco durante la manovra di atterraggio. Le responsabilità penali del disastro non vennero mai chiarite del tutto, la spiegazione meglio accreditata si riferisce alla possibilità che un lampo abbia provocato un accumulo di carica elettrica sull'intelaiatura esterna, finendo per generare scintille che innescarono la deflagrazione dell'idrogeno, infinitamente più reattivo dell'elio, sebbene dal costo più contenuto. I morti toccarono quota 35, tra incidente e complicazioni successive, tra cui un assistente di terra coinvolto nel disperato tentativo di riportare a terra l'Hindenburg prima che fosse troppo tardi; al di là del numero di persone coinvolte, ciò che scioccò la comunità internazionale, convincendola ad abbandonare le aeronavi a favore dei più sicuri aerei di linea, furono le riprese che svariati operatori stavano operando ignari di quello che sarebbe accaduto di lì a poco, rese ancora più toccanti dalla radiocronaca in tempo reale dell'annunciatore Morrison, che commentò ogni istante del disastro con vivido coinvolgimento.


Nessun commento:

Posta un commento