"I think that technologies are morally
neutral until we apply them. It's only when we use them for good or evil that
they become good or evil"
- William Gibson -
Il sogno di ogni antropologo che
si rispetti resta quello di individuare quello che spesso passa sotto il nome
suggestivo, ma estremamente vago, di "anello mancante", in altre
parole un esemplare di mammifero superiore che, pur presentando ancora evidenti
sembianze animalesche, possa a tutti gli effetti costituire il trampolino di
lancio verso l'evoluzione umana (infatti "Antropos", in Greco antico,
indica l'uomo in quanto essere dotato di ingegno e razionalità) che culmina,
almeno per il momento, nell'Homo Sapiens Sapiens, senza la cui comparsa questo
discorso non potrebbe nemmeno aver luogo.
Se la Paleontologia moderna contribuisce a
fornire quasi quotidianamente reperti utili ad una sempre più precisa datazione
del definitivo passaggio dai cosiddetti Ominidi, di cui la celebre Lucy
rappresenta l'esemplare modello, al genere "Homo", nell'immaginario
collettivo nulla cattura con maggiore epicità tale momento se non la scena di
apertura del film "2001, Odissea nello Spazio" di Stanley Kubrick.
Protagonista indiscusso dei primi minuti è una scimmia antropomorfa, che si ritrova
confrontata ad un imponente monolite nero, capace di esercitare un misterioso
influsso sulla mente dell'animale, un influsso talmente profondo da indurre lo
stesso a compiere un'azione assolutamente inedita: dopo alcuni interminabili
secondi di attesa, la scimmia si decide ad afferrare, forte del suo pollice
opponibile, un osso appartenente ad una carcassa abbandonata nel bel mezzo
dell'ambiente desertico che fa da sfondo all'inquadratura. Brandendo l'oggetto
alla stregua di una primitiva clava, essa si esibisce in una frenetica danza
durante la quale finisce per percuotere a ripetizione lo scheletro inerte,
mentre la storica colonna sonora sottolinea l'atmosfera a tratti
"mitologica" con l'aiuto di alcune sequenze a rallentatore. Al di là
dell'impatto emotivo della scena, il significato allegorico di tale visione non
può che essere evidente: è comparso sulla Terra il primo essere senziente, dove
la nozione di "intelletto" si collega naturalmente alla capacità di
maneggiare utensili al fine di estendere le proprie doti fisiche. Nel giro di
qualche milione di anni, quel rudimentale, nonché improvvisato, bastone di osso
si vedrà trasformato nel martello da lavoro che perfino il più imbranato dei
mariti saprà utilizzare per appendere un quadro alla parete della cucina,
malgrado forse qualche dito schiacciato.
Tuttavia, la violenza gratuitamente
espressa dalla scimmia tradisce uno dei retroscena nascosti dietro la nascita
della Tecnologia: chi può impedire all'uomo primitivo di sfruttare le ossa
degli animali uccisi, possibilmente lavorate in maniera grezza per renderle più
appuntite e conseguentemente letali, per cacciare altra selvaggina, in un primo
momento, e poi difendere la preziosa carne dai vicini invidiosi, anche a costo
di rivolgere l'utensile medesimo contro i propri simili, in una escalation di
vendetta e morte che condurrà inesorabilmente alla prima guerra dell'umanità?
Il concetto di ARMA è antico tanto quanto quello di STRUMENTO, anzi, i due termini
appaiono direttamente inscindibili: ogni nuovo passo avanti della tecnica umana
è suscettibile di essere impiegato sia per dare la vita, sia per reclamarla indietro,
e le due azioni possono addirittura coesistere (si pensi ad esempio alla
scoperta della fissione nucleare, che diede l'impulso per la costruzione di
reattori ad alto rendimento energetico proprio mentre venivano ancora condotti
test su bombe atomiche sempre più distruttive ai quattro angoli del pianeta). Non
è un caso che termini storiografici quali "Età del Bronzo" o "Età
del Ferro" vadano a contraddistinguere non soltanto il metallo che meglio
si prestava a sostenere le attività dell'uomo di tutti i giorni, come
costruirsi un casa oppure fare legna, ma anche e soprattutto il materiale mediante
cui si forgiavano le lance e le spade dei vincitori, destinati a sottomettere
tutti quei popoli che invece rimanevano legati alla tradizione del meno
resistente rame, o peggio ancora fermi all'Età della Pietra.
Insomma, il passo delle asce in
ossidiana alle mitragliatrici Gatling della Prima Guerra Mondiale (in quanto emblema di tutte le armi
moderne che verranno prossimamente analizzate in questo blog), pur se separate da millenni
interi di scoperte tecnologiche, rimane concettualmente molto breve: si tratta
del sintomo di una volontà propria dell'animo umano di sfruttare a proprio
favore ogni singolo frutto dell'ingegno, vuoi per primeggiare in campo
economico-sociale, vuoi per avere la meglio sul campo di battaglia. E' un po'
come se il progresso del genere umano fosse costretto a svilupparsi sulla
sottile lama di un rasoio affilatissimo, in perenne bilico tra il Bene e il
Male; inutile dire a chi spetti di volta in volta la scelta di come gestire questo precario equilibrio,
basti sapere che si tratterà in ogni caso di un discendente della scimmia di
Kubrick...
Luca Distasi
(Riflessione ispirata dalla prima lezione del Corso di Storia della Tecnologia 2013)
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