La guerra ha una sua creatività distruttrice, questa è la sua teoria esposta nel corso dell'ultimo (2010, ndr) Festival della Mente di Sarzana. Può spiegarci che cosa intende?
"In ogni epoca gli Stati e le comunità hanno investito molto nella preparazione militare: in risorse materiali, umane e intellettuali. Anche se mettere in piedi un esercito o una flotta è sempre stato uno sforzo assai pesante, ogni società si è accollata questo peso. Si può raccontare una guerra anche attraverso l'analisi di questi sforzi"
Quindi sulla linea del fronte agiscono anche i creativi. Come?
"Partiamo da un esempio concreto: la falange macedone. A differenza degli opliti greci, che combattevano con lance corte, Alessandro Magno seppe esaltare questa formazione che sembrò spazzare via tutte le altre. Era impossibile avvicinarsi a un corpo unico che marciava puntando in avanti armi da difese lunghissime (sarisse dell'ordine di sei metri) . Ma quando la falange si trovò di fronte i legionari romani, che invece combattevano con le spade corte riuscendo ad infilarsi tra le picche dei Greci e arrivando a contatto di corpo, la falange fu sconfitta"
Le legioni romane costituirono dunque il punto di arrivo?
"Solo fino a che, verso la fine dell'Impero, non si trovarono davanti ai barbari e alla loro cavalleria. L'impeto di un cavaliere che ti piomba addosso è difficile da tenere a bada con una spada corta. Allora i legionari riscoprirono l'utilità tattica della falange. Il discorso è infinito, non c'è mai un'innovazione che detta legge per sempre. Anzi, spesso una soluzione militare creativa è vincente soltanto in un determinato contesto"
Quanto era creativo o tecnologicamente avanzato il mondo romano?
"Sotto il profilo del genio civile era all'avanguardia. Pensiamo alle strade e ai ponti, all'arte della fortificazione e degli accampamenti: un bello sforzo di progettazione! Invece era a un livello molto primitivo riguardo all'agricoltura, fattore che incise sulla caduta dell'Impero. Roma ha avuto i suoi guai anche perché non era facile mantenere e reclutare un esercito così numeroso come quello che le occorreva per controllare le province. Al contrario, il Medioevo non ha avuto un grande potere centrale in grado di gestire le risorse dall'alto, come Roma, ma in compenso ha conosciuto un grande progresso capillare dal basso,con la diffusione di migliori metodi di coltivazione, per esempio, ma anche con innovazioni militari. Pensiamo alla staffa staffa, che i Romani non conoscevano. Infatti erano combattenti assai poco efficaci a cavallo. La carica con l'armatura e con la lancia in resta, come quella dei cavalieri medievali, senza la staffa non si può fare, si verrebbe sbalzati via. Queste piccole innovazioni dal basso, in fondo, sono la vera chiave dello sviluppo dell'Occidente e della sua supremazia militare.
Quindi novità come l'arco lungo, la "mitragliatrice" del Medioevo, non sono arrivate per input di qualche generale illuminato?
"Il longbow è il prodotto di una cultura contadina come quella inglese, che viveva molto di caccia. Per tendere un arco così ci voleva la forza di un uomo abituato ai lavori pesanti. Solo in seguito è diventato un'arma di battaglia"
Facciamo un altro esempio di creatività medievale...
"L'esercito nel Medioevo era formato innanzitutto da cavalieri: uno solo di loro era più efficace, sul campo di battaglia, di una moltitudine di fanti. Ma si portava dietro costi enormi per produrre le armi e l'armatura e per mantenere il cavallo, che veniva allevato appositamente fra le razze più possenti. L'equipaggiamento di un cavaliere costava come una mandria di buoi. Da qui scaturì una conseguenza: il Medioevo inventò la società feudale allo scopo di permettere al re di avere sempre a disposizione un alto numero di cavalieri pronti a scendere in battaglia. L'intera struttura feudale ruotava attorno a questo obiettivo: i vassalli destinavano i figli all'impiego delle armi, che richiedeva un lungo addestramento, e stuoli di contadini per mantenerli. Ecco una risposta creativa e razionale al problema di come mettere in campo il maggior numero di cavalieri"
La nascita successiva delle città portò qualche innovazione?
"Poca cosa. Esaminiamo la battaglia di Campaldino, che nel '200 vide lo scontro tra i comuni italiani di Arezzo e Firenze, tra ghibellini e guelfi: gli eserciti che si affrontavano non erano più feudali, ma formati dai benestanti delle città; nascevano da un'economia diversa, da un diverso quadro sociologico. In città giravano soldi, c'era molta mobilità sociale, eppure anche i ricchi commercianti volevano fregiarsi dello status di cavalieri e si affrettavano a comprare armi e cavalli. Quindi gli eserciti in campo erano ancora formati da cavalieri: quella era la tecnologia disponibile, e la struttura sociale si adeguava alle esigenze della guerra"
Che cosa cambiò con l'avvento delle armi da fuoco?
"Tutto. Dietro una battaglia di oltre 500 anni dopo, come Waterloo, c'era una società di massa con eserciti di massa. Le armi da fuoco avevano reso l'armatura di un cavaliere inutile. Gli eserciti erano composti da fanteria. Imparare a usare un moschetto richiedeva poche settimane di addestramento. quindi chiunque poteva diventare un soldato e i governi si attrezzarono per avere un gran numero di uomini. Infatti, con la Rivoluzione Francese venne introdotta la leva obbligatoria. Visto che si potevano avere migliaia di civili coscritti, bisognava investire molto sull'addestramento. Le battaglie napoleoniche impiegarono eserciti che riflettevano il sogno illuminista di poter addestrare gli uomini e trasformarli in ingranaggi di una macchina. Anche in quell'epoca, l'evoluzione delle armi e le possibilità offerte dalle nuove tecnologie spinsero le società a porsi certi quesiti e a risolverli con creatività"
E i giorni nostri?
"Tutto è più specialistico e compartimentato. Studiando le guerre del passato ci si rende conto di come una volta si andasse per tentativi, non esistevano complesse suddivisioni per competenza. Faccio l'esempio di Lepanto, una battaglia tra flotte di galee.quindi navi a remi-tra due superpotenze come l'Impero spagnolo di Filippo II, alleato con la Repubblica di Venezia, e l'Impero Ottomano. Ebbene, nel XVI secolo il re di Spagna era costretto a occuparsi personalmente dell'allestimento della sua flotta e degli innumerevoli problemi che questo comportava: per fabbricare le galee occorrevano alberi ad alto fusto, ma in una Spagna già deforestata non c'era abbastanza legname, quindi bisognava reperirlo in altri territori dell'Impero, per esempio nel Regno di Napoli, sui monti della Sila. Chi si occupava di questo? Il re con pochi segretari. Bisognava trovare i rematori (ce ne volevano 200 o più per ogni imbarcazione) e il re doveva valutare se ordinare nei sui territori la circoscrizione obbligatoria, una novità considerata politicamente pericolosa, o se ricorrere a volontari"
Tratto da "Focus Wars" N°1 dell'inverno 2010, pagg. 16-19