giovedì 30 maggio 2013

"Creativi al fronte"- Intervista ad Alessandro Barbero


Alessandro Barbero, 52 anni, insegna Storia medioevale all'Università del Piemonte Orientale. Ha pubblicato diversi studi, l'ultimo dei quali è "Benedette guerre: crociate e jihad", uscito per la collana "I libri del Festival della Mente". E' anche acclamato autore di romanzi: con "Bella vita e guerre altrui di mr. Pyle, gentiluomo" ha vinto il Premio Strega 1996









La guerra ha una sua creatività distruttrice, questa è la sua teoria esposta nel corso dell'ultimo (2010, ndr) Festival della Mente di Sarzana. Può spiegarci che cosa intende? 

"In ogni epoca gli Stati e le comunità hanno investito molto nella preparazione militare: in risorse materiali, umane e intellettuali. Anche se mettere in piedi un esercito o una flotta è sempre stato uno sforzo assai pesante, ogni società si è accollata questo peso. Si può raccontare una guerra anche attraverso l'analisi di questi sforzi"

Quindi sulla linea del fronte agiscono anche i creativi. Come?

"Partiamo da un esempio concreto: la falange macedone. A differenza degli opliti greci, che combattevano con lance corte, Alessandro Magno seppe esaltare questa formazione che sembrò spazzare via tutte le altre. Era impossibile avvicinarsi a un corpo unico che marciava puntando in avanti armi da difese lunghissime (sarisse dell'ordine di sei metri) . Ma quando la falange si trovò di fronte i legionari romani, che invece combattevano con le spade corte riuscendo ad infilarsi tra le picche dei Greci e arrivando a contatto di corpo, la falange fu sconfitta"

Le legioni romane costituirono dunque il punto di arrivo?

"Solo fino a che, verso la fine dell'Impero, non si trovarono davanti ai barbari e alla loro cavalleria. L'impeto di un cavaliere che ti piomba addosso è difficile da tenere a bada con una spada corta. Allora i legionari riscoprirono l'utilità tattica della falange. Il discorso è infinito, non c'è mai un'innovazione che detta legge per sempre. Anzi, spesso una soluzione militare creativa è vincente soltanto in un determinato contesto"

Quanto era creativo o tecnologicamente avanzato il mondo romano?

"Sotto il profilo del genio civile era all'avanguardia. Pensiamo alle strade e ai ponti, all'arte della fortificazione e degli accampamenti: un bello sforzo di progettazione! Invece era a un livello molto primitivo riguardo all'agricoltura, fattore che incise sulla caduta dell'Impero. Roma ha avuto i suoi guai anche perché non era facile mantenere e reclutare un esercito così numeroso come quello che le occorreva per controllare le province. Al contrario, il Medioevo non ha avuto un grande potere centrale in grado di gestire le risorse dall'alto, come Roma, ma in compenso ha conosciuto un grande progresso capillare dal basso,con la diffusione di migliori metodi di coltivazione, per esempio, ma anche con innovazioni militari. Pensiamo alla staffa staffa, che i Romani non conoscevano. Infatti erano combattenti assai poco efficaci a cavallo. La carica con l'armatura e con la lancia in resta, come quella dei cavalieri medievali, senza la staffa non si può fare, si verrebbe sbalzati via. Queste piccole innovazioni dal basso, in fondo, sono la vera chiave dello sviluppo dell'Occidente e della sua supremazia militare.

Quindi novità come l'arco lungo, la "mitragliatrice" del Medioevo, non sono arrivate per input di qualche generale illuminato?

"Il longbow è il prodotto di una cultura contadina come quella inglese, che viveva molto di caccia. Per tendere un arco così ci voleva la forza di un uomo abituato ai lavori pesanti. Solo in seguito è diventato un'arma di battaglia"

Facciamo un altro esempio di creatività medievale...

"L'esercito nel Medioevo era formato innanzitutto da cavalieri: uno solo di loro era più efficace, sul campo di battaglia, di una moltitudine di fanti. Ma si portava dietro costi enormi per produrre le armi e l'armatura e per mantenere il cavallo, che veniva allevato appositamente fra le razze più possenti. L'equipaggiamento di un cavaliere costava come una mandria di buoi. Da qui scaturì una conseguenza: il Medioevo inventò la società feudale allo scopo di permettere al re di avere sempre a disposizione un alto numero di cavalieri pronti a scendere in battaglia. L'intera struttura feudale ruotava attorno a questo obiettivo: i vassalli destinavano i figli all'impiego delle armi, che richiedeva un lungo addestramento, e stuoli di contadini per mantenerli. Ecco una risposta creativa e razionale al problema di come mettere in campo il maggior numero di cavalieri"

La nascita successiva delle città portò qualche innovazione?

"Poca cosa. Esaminiamo la battaglia di Campaldino, che nel '200 vide lo scontro tra i comuni italiani di Arezzo e Firenze, tra ghibellini e guelfi: gli eserciti che si affrontavano non erano più feudali, ma formati dai benestanti delle città; nascevano da un'economia diversa, da un diverso quadro sociologico. In città giravano soldi, c'era molta mobilità sociale, eppure anche i ricchi commercianti volevano fregiarsi dello status di cavalieri e si affrettavano a comprare armi e cavalli. Quindi gli eserciti in campo erano ancora formati da cavalieri: quella era la tecnologia disponibile, e la struttura sociale si adeguava alle esigenze della guerra"

Che cosa cambiò con l'avvento delle armi da fuoco?

"Tutto. Dietro una battaglia di oltre 500 anni dopo, come Waterloo, c'era una società di massa con eserciti di massa. Le armi da fuoco avevano reso l'armatura di un cavaliere inutile. Gli eserciti erano composti da fanteria. Imparare a usare un moschetto richiedeva poche settimane di addestramento. quindi chiunque poteva diventare un soldato e i governi si attrezzarono per avere un gran numero di uomini. Infatti, con la Rivoluzione Francese venne introdotta la leva obbligatoria. Visto che si potevano avere migliaia di civili coscritti, bisognava investire molto sull'addestramento. Le battaglie napoleoniche impiegarono eserciti che riflettevano il sogno illuminista di poter addestrare gli uomini e trasformarli in ingranaggi di una macchina. Anche in quell'epoca, l'evoluzione delle armi e le possibilità offerte dalle nuove tecnologie spinsero le società a porsi certi quesiti e a risolverli con creatività"

E i giorni nostri?

"Tutto è più specialistico e compartimentato. Studiando le guerre del passato ci si rende conto di come una volta si andasse per tentativi, non esistevano complesse suddivisioni per competenza. Faccio l'esempio di Lepanto, una battaglia tra flotte di galee.quindi navi a remi-tra due superpotenze come l'Impero spagnolo di Filippo II, alleato con la Repubblica di Venezia, e l'Impero Ottomano. Ebbene, nel XVI secolo il re di Spagna era costretto a occuparsi personalmente dell'allestimento della sua flotta e degli innumerevoli problemi che questo comportava: per fabbricare le galee occorrevano alberi ad alto fusto, ma in una Spagna già deforestata non c'era abbastanza legname, quindi bisognava reperirlo in altri territori dell'Impero, per esempio nel Regno di Napoli, sui monti della Sila. Chi si occupava di questo? Il re con pochi segretari. Bisognava trovare i rematori (ce ne volevano 200 o più per ogni imbarcazione) e il re doveva valutare se ordinare nei sui territori la circoscrizione obbligatoria, una novità considerata politicamente pericolosa, o se ricorrere a volontari"


Tratto da "Focus Wars" N°1 dell'inverno 2010, pagg. 16-19

lunedì 27 maggio 2013

Il Barone Rosso e il Circo Volante



Vale la pena di chiarire immediatamente il termine che da’ il titolo a questo approfondimento sulla Grande Guerra. Non si tratta di belve feroci e di domatori, ne’ di spettacoli ideati per la truppe in trincea. Il Circo Volante identifica semplicemente una precisa strategia di attacco, ideata dal Barone Manfred von Richtofen, che vedeva gli aerei di una pattuglia tedesca (“Jasta”), volare in cerchio, in attesa di sganciarsi all’inseguimento di un nemico, proprio come fanno gli avvoltoi sopra ad una preda.
Ad enfatizzare l’aggettivo circense contribui’ anche la serie di colori sgargianti, con i quali i piloti della squadriglia di Richtofen dipinsero i propri velivoli (principalmente rosso accesso e giallo vivo), nonche' le loro spericolate manovre acrobatiche.
Il Circo Volante ci serve dunque a introdurre una breve panoramica di approfondimento sulla nascita dell’arma aerea in tutto il mondo, che venne alla luce proprio sopra le trincee di Verdun e nei cieli delle Fiandre. L'invenzione dell'aeroplano è stata certamente una delle più importanti e spettacolari del XX secolo. L’aereo, che ha permesso all'uomo l'ebbrezza della velocità e dell'osservazione dall'alto, ha rivoluzionato il concetto di spazio e di tempo nel viaggio e negli spostamenti.
Uno strumento che è stato utilizzato anche per comunicare, accorciando, in modo impensabile fino ad allora, le distanze da una parte all'altra del mondo. Il primo vero volo a motore di un mezzo più pesante dell’aria che la storia possa ricordare, fu quello dei fratelli Wilbur e Orville Wright che il 17 dicembre 1903 dalle dune di Kitty Hawk, dopo diversi tentativi, riuscirono a mettere in volo il Flyer 1. Dopo questo (che andò distrutto), costruirono il Flyer 2, più robusto, con il quale compirono più di 100 voli molto soddisfacenti. La prima versione del Flyer 3 fu portata in volo il 23 giugno 1905. Circa 15 giorni dopo ebbe un grave incidente e così fu radicalmente modificato. Inizialmente il progresso fu lento, prima della seconda metà del 1908 non ci furono risultati apprezzabili.




Nel maggio del 1908 a Kitty Hawk, Charles Furnas, il secondo meccanico ingaggiato dai fratelli Wright per costruire aeroplani, divenne il primo passeggero al mondo. Un autentico successo fu l’attraversamento del Canale della Manica di Blériot nel 1909: tali distanze e durate erano già state raggiunte ma il suo volo sul mare aperto, con poca visibilità, fu una pietra miliare.
Cominciano a manifestarsi interessi per impieghi militari e, a partire dal 1910 fino alla fine della Prima Guerra Mondiale, si perfezionano ingegnose innovazioni. La Grande Guerra segnò un punto di svolta nel modo in cui dovevano essere combattute le battaglie; l’avanzamento della tecnologia impose, prima o poi, una completa revisione delle tattiche di guerra. Alcuni corpi dell'esercito caddero in disgrazia (ad esempio, la cavalleria) e altri acquistarono una grande importanza, come appunto l’arma aerea.
L’aviazione e i mezzi corazzati costituiscono senza dubbio il binomio che piu’ contraddistingue lo sviluppo tecnologico a cui si giunse, per poter in qualche modo aver ragione di un avversario ben trincerato e protetto da una cornucopia di strumenti di difesa statica.
Nei primi anni del secolo scorso l'aereo aveva fatto la sua comparsa nei cieli, erano gia sorte le prime competizioni, ma ancora nessuno aveva pensato ad un uso bellico di questo mezzo. Dunque all'inizio del conflitto mondiale, l'aereo venne utilizzato soprattutto per la ricognizione, per controllare gli spostamenti delle truppe e per individuare linee di rifornimento; i primi caccia furono utilizzati come supporto agli aerei destinati alla ricognizione, che rimaneva lo scopo principale dell'aviazione militare.
Solamente più tardi ci si accorse che questo tipo di arma poteva anche essere usato per arrecare danno al nemico e disturbarne i movimenti, oltre che per controllarlo. Gli scontri aerei divennero sempre più frequenti e cominciarono a distinguersi i piloti migliori che presto entrarono nell'immaginario collettivo come degli eroi o, addirittura, come dei nuovi, romantici cavalieri. I duelli "uno contro uno" spesso assumevano le sembianze di sfide cavalleresche in cui il vincitore sapeva riconoscere al vinto l'onore delle armi, se questi lo meritava. Del resto, lo stesso impiego dei primi prototipi di paracadute non era consentito ai piloti, ma solo agli osservatori che salivano in cielo a bordo dei palloni aerostatici. Potersi salvare, abbandonando il proprio aereo, non era considerato “cavalleresco” e leale nei confronti dell’avversario!
I primi anni della guerra videro il netto predominio dell'aviazione tedesca su quella francese e inglese; la superiorità tecnica degli aerei tedeschi (realizzati grazie all’altissimo ingegno dell’olandese Antony Fokker) e la grande abilità dei suoi piloti, le garantirono la supremazia dei cieli, che sarebbe durata fino alla seconda metà del 1917.



Con la comparsa degli S.P.A.D. francesi e dei Camel inglesi, l’aeronautica militare degli Alleati riusci’ finalmente a spezzare il giogo tedesco che l’aveva costretta a subire gravissime e continue perdite, come nell’”Aprile di sangue” del 1917 (quando la vita media di un pilota era di circa 17 ore e l'aviazione alleata tocco’ il suo punto più basso di rendimento durante la guerra).
I tedeschi furono anche i primi a inventare un sistema di sincronizzazione che permetteva di sparare senza timore che le pallottole distruggessero le pale dell'elica. A quei tempi infatti, la mitragliatrice era posta sull’ala superiore o sulla fusoliera dei velivoli, dietro al motore. Nel primo caso il pilota era addirittura costretto ad alzarsi in piedi, manovrando la cloche con le gambe, per poter sparare qualche colpo a casaccio.
Quando le mitragliatrici vennero posizionate di fronte al pilota, ci fu chi si invento’ persino pale corazzate dell’elica (Roland Garros), ben presto abbandonate per i pericolosi rimbalzi dei proiettili. Lo stesso Fokker ebbe allora la grande idea di sincronizzare rotore e mitraglie, trasformando definitivamente l’aereo della Grande Guerra in vero strumento di offesa.
Nacque anche l’esigenza di creare tattiche di attacco, difesa e di scorta agli aerei piu’ lenti e generalmente impiegati per ricognizione e fotografia, nonche’ la stessa gerarchia dei “capi” e dei “gregari” che gia’ da tempo esisteva negli attacchi di fanteria.
Il Barone Rosso fu tra i primi a creare unita' indipendenti, le “Jagdgeschwader”, che potevano essere riposizionate tatticamente in completa autonomia per servire piu’ di un tratto di fronte. La stessa squadriglia Lafayette, prima di essere assorbita dall’aviazione francese, svolse un compito analogo, distinguendosi nei cieli di Verdun, cosi’ come su quelli della Somme. Ben presto ci si rese conto dell’estrema potenzialita’ degli aerei anche come strumento di disturbo e distruzione “di massa”, una volta dotati di corposo munizionamento da sganciare direttamente sulle linee avversarie. Comparvero i primi bombardieri che riuscirono persino a spaventare i londinesi, sulla scia delle incursioni dei famosi dirigibili Zeppelin. I bombardamenti, operati dai Gotha, dagli A.E.G., dai Caudron e dai Caproni, durante la Prima guerra mondiale non furono tanto distruttivi quanto quelli della Seconda. Ciò nonostante l'impressione sulla popolazione civile fu notevole. La "scarsa efficacia" del bombardamento è spiegabile per diversi fattori: gli aerei erano mezzi ancora poco resistenti, potevano portare un carico di bombe modesto e la precisione del lancio o del tiro era scarsa.
Basta ricordare che nei primi giorni di guerra vennero sganciate dai tedeschi anche frecce metalliche lunghe 15 centimetri sulle quali era scritto "Invenzione francese, applicazione tedesca".



Per quanto riguarda il nostro Paese, Luigi Cadorna lamentava che l'aviazione fosse ancora troppo poco potente, cosi’ come Douglas Haig "soffriv"a per le scarse prestazioni dei carri armati inglesi – in realta' entrambi i generali non credevano molto in questi nuovi strumenti di offesa.
Si può, in linea di massima, affermare che la nostra classe militare non aveva ancora una visione chiara delle possibilità del nuovo mezzo aereo, considerando solo la cavalleria come strumento da ricognizione.
Grazie alla determinazioni di alcuni militari e uomini politici pero’, si cominciò a definire l'aeronautica "la quinta arma", attribuendole una nuova funzione e potenziandola costantemente. Al momento dell'entrata in guerra il Regno d'Italia poteva contare su circa 90 piloti, e solo 86 arei di varia tipologia, quasi tutti poco efficienti e gia’ superati. Fu comunque una grande occasione per il definitivo ingresso nel mercato aeronautico di alcune ditte che caratterizzeranno la produzione aviatoria durante la guerra mondiale, ad esempio la Fiat e la Caproni.
L'industria aeronautica italiana comunque, dimostrò improvvisazione e scarso rendimento, tanto che furono necessari interventi e compartecipazioni statali, per correggere il tiro e affrontare finalmente gli infuocati cieli di guerra con una tecnologia affidabile e redditizia – analoghi episodi di gestione statale diretta si verificarono anche in Francia, per risollevare, ad esempio, le sorti della famosa “Société Pour les Avions Déperdussin” (S.P.A.D.). Dato che lo schieramento italiano era proiettato verso l'Isonzo (e costretto a sporadici interventi d’emergenza nel Trentino), lo scontro aereo fu diretto esclusivamente contro l'aeronautica austro-ungarica.
Infine, gli eserciti coinvolti nel conflitto si videro costretti a studiare anche mezzi di difesa dagli attacchi aerei. La prima difesa antiaerea era costituita da alcuni fucilieri appostati sui tetti delle case o da batterie antiquate e poco adatte al tiro contraereo. Tuttavia lo sviluppo di sofisticati strumenti di difesa contraerea non raggiunse mai un’efficacia analoga a quella della loro controparte volante, per tutto il corso della Guerra. Ci furono, ad esempio, casi eclatanti di rozza improvvisazione ancora nel 1918, quando, secondo alcune fonti ufficiali, un semplice fante australiano riusci’ ad abbattere il mitico Barone Rosso, a colpi di fucile da una trincea!



venerdì 24 maggio 2013

Non solo tecnologia: un tocco di patriottismo




24 maggio 1915: forte dei trattati di Londra, stipulati appena un mese prima con le potenze dell'Intesa, il Regio Esercito Sabaudo varca il Piave per attestarsi sul fronte del Carso contro l'Impero Austroungarico, formalmente alleato ma "tradito" a causa degli interessi in comune in Trentino e a Trieste. Due anni e mezzo più tardi, un'offensiva lampo pianificata da Vienna nella zona di Caporetto costringe gli Italiani ad una disastrosa ritirata, che vede il fronte ritirarsi in un primo momento sul Tagliamento e infine sullo stesso Piave, da cui però scaturirà il contrattacco dell'ultimo anno di guerra, con conseguente resa dell'Austria. 




Gli eventi descritti costituiscono lo sfondo di una celebre canzone patriottica, dal titolo "La leggenda del Piave", meglio conosciuta come la canzone del Piave. Il brano fu scritto nel 1918 dal maestro Ermete Giovanni Gaeta (noto più che altro con lo pseudonimo di E.A. Mario), il quale rinunciò ai diritti d'autore sulla canzone. I fatti storici che ispirarono l'autore risalgono in massima parte al giugno del 1918, quando l’Austria-Ungheria decise di sferrare un possente attacco sul fronte del Piave al fine di piegare definitivamente l'esercito italiano, già reduce dalla sconfitta di Caporetto. La Landwehr, ovvero l'armata imperiale austriaca, si proiettò pertanto verso località venete, ma fu costretta ad arrestarsi a causa della piena del fiume. Ebbe così inizio la resistenza delle Forze armate del Regno d'Italia che costrinsero gli Austro-ungarici a ripiegare.Tra il 2 e il 6 luglio del 1918, la 3a Armata del Regio Esercito Italiano occupò le zone tra il Piave vecchio ed il Piave nuovo. Durante lo svolgersi della battaglia, denominata battaglia del Solstizio, perirono 84.600 militari italiani e 149.000 militari austro-ungarici. In occasione dell'offensiva finale italiana (Battaglia di Vittorio Veneto), avvenuta nell'ottobre del 1918, il fronte del Piave fu nuovamente teatro di scontri tra l'Austria-Ungheria e l'Italia, che si impose definitivamente sul nemico inseguendolo poi fino alle porte di Vienna. 


LA LEGGENDA DEL PIAVE
(La canzone del Piave)

« Il Piave mormorava calmo e placido al passaggio

dei primi fanti il ventiquattro maggio;
l'esercito marciava per raggiunger la frontiera
per far contro il nemico una barriera!
Muti passaron quella notte i fanti,
tacere bisognava e andare avanti.
S'udiva intanto dalle amate sponde
sommesso e lieve il tripudiar de l'onde.
Era un presagio dolce e lusinghiero.
il Piave mormorò: "Non passa lo straniero!"




Ma in una notte triste si parlò di un fosco evento
e il Piave udiva l'ira e lo sgomento.
Ahi, quanta gente ha visto venir giù, lasciare il tetto,
poiché il nemico irruppe a Caporetto.
Profughi ovunque dai lontani monti,
venivano a gremir tutti i suoi ponti.
S'udiva allor dalle violate sponde
sommesso e triste il mormorio de l'onde.
Come un singhiozzo in quell'autunno nero
il Piave mormorò: "Ritorna lo straniero!"




E ritornò il nemico per l'orgoglio e per la fame
volea sfogare tutte le sue brame,
vedeva il piano aprico di lassù: voleva ancora
sfamarsi e tripudiare come allora!
"No", disse il Piave, "no", dissero i fanti,
mai più il nemico faccia un passo avanti!
Si vide il Piave rigonfiar le sponde
e come i fanti combattevan l'onde.
Rosso del sangue del nemico altero,
il Piave comandò: "Indietro va', o straniero!"


Indietreggiò il nemico fino a Trieste fino a Trento

e la Vittoria sciolse l'ali al vento!
Fu sacro il patto antico, tra le schiere furon visti
risorgere Oberdan, Sauro e Battisti!
Infranse alfin l'italico valore
le forche e l'armi dell'Impiccatore!
Sicure l'Alpi, libere le sponde,
e tacque il Piave, si placaron l'onde.
Sul patrio suolo vinti i torvi Imperi,
la Pace non trovò né oppressi, né stranieri! »




La leggenda del Piave fu composta nel giugno 1918 subito dopo la battaglia del Solstizio, e ben presto venne trasmessa ai soldati dal cantante Enrico Demma .L'inno contribuì a infondere nuovamente  morale nelle truppe italiane, al punto che il generale Armando Diaz inviò un telegramma all'autore sostenendo che: «La vostra leggenda del Piave al fronte è più di un generale!». Venne successivamente pubblicata da Giovanni Gaeta con lo pseudonimo di E. A. Mario solo alla fine del 1918, a ostilità ormai concluse.
Le quattro strofe constano di altrettanti specifici argomenti:
  1. La marcia dei soldati verso il fronte 
  2. La ritirata di Caporetto
  3. La difesa del fronte sulle sponde del Piave
  4. L'attacco finale e la conseguente vittoria
                                       


mercoledì 22 maggio 2013

Nostalgie medievali: le mazze ferrate in trincea



Per quanto possa apparire un incredibile anacronismo, tra le innumerevoli armi di cui si registra l'utilizzo sui campi della Prima Guerra Mondiale, non manca nemmeno una delle icone medievali per eccellenza: la mazza ferrata! Imprescindibile nell'equipaggiamento di un cavaliere in armatura, pronta a far strage di nemici una volta venuti meno cavallo e lancia, oppure utile ad eliminare in maniera estremamente brutale quanto efficace i feriti, le sue origini rimontano addirittura al secondo millennio avanti cristo; naturalmente, non si parlava di un prodotto di fine artigianato militare, bensì di un qualsiasi bastone ligneo, o tuttalpiù di metallo, a cui si aggiungeva un'impugnatura su cui fare presa per sferrare colpi con la testa borchiata. Il tramonto (a questo punto solo temporaneo) si ebbe a partire dalla comparsa della polvere da sparo, con conseguente crollo della frequenza degli scontri in mischia.
Il revival nella Grande Guerra è dovuto principalmente alla tendenza degli ufficiali a dichiarare assalti frontali sconsiderati per ovviare al ristagno dell'avanzata: una volta eluso il fuoco delle mitragliatrici, senza inciampare nel filo spinato o nel cadavere di qualche precedente, sfortunato, compagno, i superstiti della corsa sfoderavano le baionette, che però richiedevano un discreto spazio di manovra, non sempre facile da trovare all'interno delle anguste trincee; la mazza ferrata poteva invece essere brandita agevolmente anche da soldati inesperti in ambienti affollati, e risultava letale contro avversari totalmente privi di corazze metalliche.
Tra tutte le potenze principali, soltanto l'Italia ne vietò l'uso, optando invece per coltelli a serramanico nel corpo a corpo; tale scelta venne alimentata e sostenuta dalla propaganda anti-austriaca, non appena si diffuse la voce che nel corso della battaglia di Monte San Michele (famosa più che altro per il lancio di fosgene e altri gas), le truppe Ungheresi si erano distinte per la propria crudeltà andando a finire gli italiani moribondi con le mazze.



   

lunedì 20 maggio 2013

Anno nuovo, arma nuova...

-"Non so con quali armi si disputerà la Terza Guerra Mondiale, ma di una cosa sono certo: che la Quarta verrà combattuta con sassi e bastoni"-          Albert Einstein 


400,000 BC

The earliest evidence of humans using spears, in a part of Germany now near Schöningen. However, one population of modern chimpanzees in Senegal uses spears to hunt bushbabies, suggesting the technology may have been used by our most primitive ancestors.


40,000 to 25,000 BC

The atlatl, sometimes dubbed the Stone Age Kalashnikov, throws a flexible dart that can kill a deer at 40 metres. Developed in northern Africa, it spreads throughout the world, being later replaced by the bow and arrow.



23,000 BC

Boomerangs are strongly associated with Australia's Aboriginal people, but were actually used as hunting weapons throughout Europe and Africa. Most boomerangs do not come back when thrown.
The oldest boomerang yet, 23,000 years, was made from a mammoth tusk and discovered in a cave in Poland


20,000 BC

The earliest arrowheads date from this time, suggesting that bows and arrows were in use.
Some believe they were invented much earlier, pointing to a single 60,000-year-old stone that may or may not be an arrowhead.
A thorough analysis of projectile points from archaeological digs around the world suggests that projectile weapons were not in widespread use before 50,000 years ago


5300 BC

Horses are first domesticated, on the steppes of Kazakhstan.
As well as revolutionising transport in general, horses are instrumental in the history of warfare. Only in the 20th century, with the appearance of rapid-fire weapons such as machine guns, do armies turn away from a reliance on horses.


5000 BC

The Bronze Age enables the development of the first metal daggers, and later swords.
By 1000 BC, swords are intertwined with Celtic mythology and ritual in Britain, reflecting their importance in society. Perhaps echoed by the Excalibur myth, swords are ceremonially placed in rivers, possibly as offerings to gods


500 BC

The traction trebuchet is thought to have been developed in China around this time. Powered by teams of about a dozen people, it could sling balls of rock as far as 125 metres. Around the same time, the ancient Greeks develop their own siege weapon, the ballista, a kind of scaled-up crossbow.
The traction trebuchet was long considered to be folklore, until a working model was built in 1991 and shown to be effective. It was eventually replaced by the counterweight trebuchet, which is driven by a falling weight rather than manpower, in the Middle Ages.


800 to 1300 AD

Gunpowder is invented in China. This leads rapidly to a primitive firearm, the "fire lance", the first rocket, known as the "fire arrow", and primitive bombs under the Song Dynasty (960 to 1279) – new technology partly driven by aggressive neighbours like the Jin Dynasty to the north.


1200 to 1600

The Golden Age of Islam (600 to 1600 AD) rescues the advances of classical civilisations after the fall of the Roman Empire.
Firearms technology develops rapidly and Egyptian soldiers are the first to use hand cannons and other small arms at the Battle of Ain Jalut in 1260.
However, Islamic science declines from the 17th century onwards.



1415

The Battle of Agincourt marks the zenith of mediaeval longbow technology. An English army with a high proportion of archers decimates a French army five to 10 times larger.



1368 to 1644

China's Ming Dynasty drives firearms technology forwards. Developments include the matchlock, which eliminates the need to fire a gun with a hand-held match; the musket; and the naval mine. The dynasty's new technologies are eventually collected in the Huolongjing: a treatise on warfare by Jiao Yu and Liu Ji.



1750 to 1800s

Rockets become a permanent fixture on the battlefield, having gone in and out of fashion over the centuries
Indian Sultan Fateh Ali Tippu successfully deploys rocket artillery against the British, leading inventor Sir William Congreve to develop his own version, the Congreve rocket.


1775

The first submarine used in battle, Turtle, is created by American David Bushnell. The technology remains crude and unsafe for many decades, though several subs are used in the American Civil War (1861 to 1865).


1803

The British army begins using shrapnel shells (invented earlier by the Chinese), named for their inventor Henry Shrapnel. They contain a large number of bullets released at high velocities on detonation. They are eventually replaced by high-explosive shells during the first world war.


     

1836

American inventor Samuel Colt patents a "revolving gun", which improves on several previous designs. Soon renamed the revolver, it is faster to reload than any other firearm, and remains popular today.


1851 to 1861

The first machine guns appear. The Belgian army's multiple-barrelled mitrailleuse is soon followed by the Gatling gun – the first gun that can be continuously fired.


1862

The USS Monitor, the first iron-clad warship, launches from New York. It is designed by Swedish engineer John Ericsson, who had come close to beating steam locomotive Stephenson's Rocket in the competition that made it famous. Ericsson subsequently spends many years experimenting with solar power.


1876 to 1883

Schoolteacher John Holland builds the Fenian Ram, a military submarine, for a band of Irish rebels in the US.
Unlike any previous submarine it has a streamlined shape. However, the rebels are unreliable employers and Holland leaves them in disgust. The sub is never used in anger.


1884

Hiram Stevens Maxim produces the first fully automatic machine gun: the Maxim gun.
In later life, crippled by bronchitis, he develops an early inhaler.



1893

After the assassination of Chicago's mayor, local priest Casimir Zeglen makes the first bulletproof vest that did away with heavy plates of metal. It is made largely from woven silk and works, but still fails to take off.



1909

Hiram Stevens Maxim's son, Hiram Percy Maxim, obtains a patent for a gun silencer.


1914

During the first world war, the British army introduces the first tanks.

1942

The Manhattan Project, the United States' attempt to build the first nuclear bomb, begins under the direction of J. Robert Oppenheimer.


1945

The first successful test of a nuclear bomb is carried out in New Mexico, on 16 July.
On 6 and 9 August, bombs are dropped on the Japanese cities of Hiroshima and Nagasaki, effectively ending the second world war and ushering in a new age of nuclear weaponry.


1952

The first fusion, or hydrogen, bomb is tested by the US in the Marshall Islands.
They use X-rays from a nuclear fission explosion to trigger nuclear fusion reactions between atoms of the hydrogen isotope tritium, like those that take place inside the sun.
A single warhead can be thousands of times more powerful than the Hiroshima bomb.


1953

The first maser (Microwave Amplification by Stimulated Emission of Radiation) is built at Columbia University. It produces a tight beam of microwaves. Originally hailed as a "ray gun", it proves impractical as a weapon.



1960

The laser (Light Amplification by Stimulated Emission of Radiation) is demonstrated for the first time. It produces a beam of red light.
Lasers find a myriad of uses in society, and in warfare are used for targeting of missiles and other weapons, and as an alternative to radar. Various prototype laser weapons are under development.



1960 to 2000

The Soviet Union begins developing a supercavitating torpedo in the 1960s. By exploiting the way water forms bubbles around fast-moving objects the Shkval can travel at 500 kilometres an hour. It is only completed in the early 1990s.
The US develop their own in 1997 and 10 years later start working on carrying humans in a supercavitation craft.


1974

The first Taser is built after five years of work by NASA researcher Jack Cover.
Billed as a non-lethal weapon, the electric stun gun is now used by police forces around the world. However, claims have been made that it is frequently abused and may cause lasting harm.



1997

The US carries out its first test of an anti-satellite laser.



1999

Experiments with radioactive hafnium are used to argue it is possible to make a simple device that releases a massive amount of gamma rays comparable to a nuclear bomb. No definitive evidence to back up the theory has been released, despite millions of dollars invested by the US military.


2001

US president George W Bush proposes a national missile defence shield. The scheme meets with stinging criticism and the technology repeatedly fails to deliver in tests.
The Active Denial System, a directed-energy weapon intended to harmlessly drive people away, is tested by the US government. The device uses a microwave beam to produce a sensation of intense heat, forcing people to move away. Despite concerns about safety, portable versions have been mooted for police.


2002

For the first time, a high-energy laser is used to shoot down artillery fire.
The Pulsed Energy Projectile (PEP), a laser that can knock you off your feet, is developed.



2007

Australian weapons company Metal Storm files a key patent for its gun, which fires a million rounds a minute.


2008

In another milestone for high-energy lasers, the Airborne Laser is fired from an aircraft for the first time.
Also, Stellar Photonics begins testing of their experimental Plasma Acoustic Shield System, which generates a dazzling series of mid-air explosions by blasting balls of plasma with high-powered lasers.



2009

A US government report advocates using neuroscience to enhance soldiers' abilities.



venerdì 17 maggio 2013

La Grande Guerra sulla Rai

Direttamente dagli archivi Rai, la sintesi degli eventi salienti della Prima Guerra Mondiale fa da sfondo ad un'inchiesta sul rapporto che intercorse tra le innovazioni tecnologiche dei primi del Novecento e la continua richiesta bellica di nuove armi, al solo fine di imporsi su un nemico che pareva inespugnabile dietro il proprio reticolato. La conduttrice "interroga" i principali esponenti delle due correnti socio-politiche, quella pacifista (rappresentata da un giovane Einstein già alle prese con la sua Teoria della Relatività) e quella interventista (che vede nel movimento futurista di Marinetti uno dei principali motori), mentre in secondo piano scorrono le immagini in bianco e nero degli scontri al fronte; ai classici riferimenti dedicati all'introduzione del carro armato e dell'aviazione, si affiancano le riflessioni di Nicola Tranfaglia, professore di Storia dell'Europa all'Università di Torino, in merito al ruolo degli scienziati all'interno di quella che viene definita "La prima guerra moderna". Inoltre, spicca il contributo di Vittorio Marchis, docente di Storia della Tecnologia al Politecnico di Torino (nonché mio professore), che arriva a descrivere come "scienza, industria, economia e politica diventano un tutt'uno". Il minidocumentario si chiude sull'analisi della Guerra Chimica applicata nelle trincee tramite lancio di cloro e altre sostanze di recente sintetizzazione.


mercoledì 15 maggio 2013

Terramatta - La Grande Guerra dagli occhi di Vincenzo Rabito





In relazione al documentario "Terramatta;", visionato durante l'odierna lezione di Storia della Tecnologia, segue il commento video ad uno dei passi del libro di Vincenzo Rabito, inerente all'assalto del 28 ottobre 1918, che l'autore visse in prima persona. La lettura e l'interpretazione della lucida descrizione degli eventi spetta a Rosario Mangiameli, docente di Storia Contemporanea all'Università di Catania. Per chi volesse seguire il testo originale, che si è distinto per l'impiego di quella che sembra quasi "una nuova lingua" (si ricorda che l'autore era semianalfabeta), ecco uno stralcio dell'opera che, edita ufficialmente nel 2007, si era guadagnata già sette anni prima il Premio Pieve, con la seguente motivazione:

 <<Vivace, irruenta (sic), non addomesticabile, la vicenda umana di Rabito deborda dalle pagine della sua autobiografia. L'opera è scritta in una lingua orale impastata di "sicilianismi", con il punto e virgola a dividere ogni parola dalla successiva. Rabito si arrampica sulla scrittura di sé per quasi tutto il Novecento, litigando con la storia d'Italia e con la macchina da scrivere, ma disegnando un affresco della sua Sicilia così denso da poter essere paragonato a un Gattopardo popolare. L'asprezza di questa scrittura toglie la speranza di vedere stampato, per la delizia dei linguisti, questo documento nella sua integralità. "Il capolavoro che non leggerete", così un giurato propone di intitolare la notizia sull'improbabile pubblicazione di quest'opera>>




"L’assalto del 28 ottobre 1918. Come cane arrabiate (pp.112-113)

E diedro di noi c’eri un battaglione di carabiniere con li mitre belle pontante che stavino atento: che se qualcuno di noi si avesse refiutato di avanzare, queste avevino l’ordene di spararene.
E così partiemmo, che paremmo uscite del manicomio, perché erimo deventate tutte pazze. E così, arrevammo alla prima linia austrieca, che allinea d’aria c’erino 25 metri. E se avemmo ammisorare la destanza, che prima dovemmo fare la discesa e poi passare il fiume e fare la salita, c’erino più di 200 metre di corsa, avante che arrevammo ner fiume, con quello terreno bagnato e pietre e tanto filo spenato e tante trapole che c’erono messe vorrecate. D’ognuno di noi aveva cascato 20 volte, di quelle che ancora erimo vive.
Poi, stavamo con la paura, ché li austriece ci attaccavano con bompe ammano e fuoco di mitragliatrice, che d’ogni 5 di noi ni moreri 3. E quinte, quanto passammo il fiume, che poi veneva la salita, a li austriece ci veniva commito a butare bompe, e magare rozelavino crosse pietre. Quinte, per forzza, tutte dobiammo morire.
E finarmente, doppo tante soldate morte, che erino tutte morte e ferite nel fiume, abiammo conquistato la posezione. E così, tutte li bompe che avemmo nel tascapane, tutte ci l’abiammo scarrecato dentra la triceia. Che forino molto forbe, che prima che revammo noie, si ne sono scapate, queste cechine! Perché noi, quelle che per fortuna ancora erimo vive, arrevammo nella sua posizione con la scuma nella bocca come cane arrabiate. E tutte quelle che trovammo l’abiammo scannate come li agnelle nella festa di Pascua e come li maiala. Perché in quello momento descraziato non erimo cristiane, ma erimo deventate tante macillaie, tante boia, e io stesso diceva: «Ma come maie Vincenzo Rabito può essere diventato così carnifece in quella matenata del 28 ottobre?» Che io, durante tutta la querra che aveva fatto, quanto vedeva a qualche poviro cechino ferito, se ci poteva dare aiuto, ci lo dava. Ma in questa matina del 28 ottobre era deventato un vero cane vasto, che non conosci il padrone, che fu propia in queste sanquinose ciorne che mi hanno proposto una midaglia a valore miletare…"


martedì 14 maggio 2013

Non c'è filo senza spine

"L'aria si fa densa di fumo e di nebbia. L'odor della polvere è acre al palato. I colpi scrosciano, fanno traballare il carro, l'eco prolunga ogni detonazione, tutto ondeggia. In realtà non si va in trincea, non si ha altro da fare che stendere reticolati; [..] Ficchiamo in terra, a distanze regolari, i paletti di ferro: due uomini tengono il rotolo, gli altri svolgono il filo spinato. E' l'orribile filo dai lunghi e fitti spini. Ho perduto l'abitudine di svolgerlo, e mi faccio un largo taglio alla mano."-
Niente di nuovo sul Fronte Occidentale



Risale al 1874 la deposizione del brevetto, ad opera di Joseph Glidden, di un sistema costituito da due fili di ferro attorcigliati e disseminati di spine metalliche; si narra che l'inventore americano si fosse servito di un macinacaffè per conferire al filo spinato la sua forma acuminata. Quello che è certo è che il suo impiego si rese frequente all'interno dei ranch dell'Ovest americano tanto per determinare i confini della proprietà, quanto per tenere lontane le mandrie dalle preziose coltivazioni strappate a fatica al clima arido della regione. Tuttavia, tale accorgimento finì più o meno involontariamente per ostacolare le rotte migratorie dei bisonti, a tutto svantaggio delle popolazioni indigene, la cui sopravvivenza si basava in massima parte sulla caccia di questo animale.

 


In ambito militare, alcune primitive forme di reticolato avevano già fatto la loro comparsa qualche decennio prima, in piena Guerra di Secessione, ma il suo uso si fece letteralmente smodato nel corso della Prima Guerra Mondiale, quando dominava il paesaggio delle trincee e della Terra di Nessuno, fornendo protezione e mietendo vittime su vittime durante i disperati assalti alla baionetta. In risposta, nell'equipaggiamento di ogni soldato non mancava praticamente mai un paio di cesoie atte a divellere il filo spinato, per favorire l'avanzata dei compagni o anche per liberare qualche ferito che vi rimaneva inevitabilmente intrappolato. Ne parla il celebre documentarista Alberto Angela, all'interno di uno speciale del programma Ulisse dedicato appunto alla Grande Guerra, presentando inoltre agli spettatori alcuni strumenti originali, in questo video:







Un testimonial d'eccezione



Leonardo Da Vinci



Pittore, scultore, architetto, ingegnere militare, chirurgo, studioso di anatomia (ma al tempo stesso profanatore di cadaveri), appassionato di aerodinamica, scienziato, poeta improvvisato, umanista,musicista, scenografo: questo, e tanto altro ancora, concentrato nella persona alquanto singolare di Leonardo figlio di Ser Piero, il cui cognome deriva dalla toponomastica del suo paese di origine, Vinci, appunto, dove vede la luce il 15 aprile del 1452. Una vita incredibilmente ricca di eventi, la sua, terminata ad Amboise nel 1519 tra le braccia del Re di Francia, almeno secondo la leggenda, che ne era diventato mecenate, ma soprattutto amico fidato, tanto da ereditare gran parte dei manoscritti lasciati dal tuttologo fiorentino, ora dispersi ai quattro angoli del pianeta. Per una biografia estremamente accurata e perfino divertente da consultare, fate riferimento al sito commerciale ufficiale dedicato a Leonardo e alle sue opere , ovvero:


Quello che interessa ai fini del blog, tuttavia, resta la sua sterminata produzione (purtroppo rimasta confinata sul progetto cartaceo e mai realizzata a causa dell'arretratezza tecnologica dell'epoca, rispetto al genio visionario di Leonardo) in termini di strategia militare: dal già citato carro armato alla macchina volante, passando per il paracadute, bombarde e balestre di ogni foggia e calibro, nonché fortificazioni apparentemente inespugnabili e imbarcazioni dall'aspetto minaccioso. Una raccolta dettagliata delle sue principali idee in campo bellico è reperibile al seguente indirizzo, con tanto di indicazione del Codice di riferimento e ricostruzione in grafica moderna del disegno originale:





Piccolo retroscena interessante: la fama di Leonardo Da Vinci gli ha regalato perfino una parte all'interno di alcuni episodi del videogioco "Assassin's Creed", dove l'inventore mette la sua fantasia al servizio della causa di un giovane rampollo fiorentino, Ezio Auditore; appartenente alla segreta setta degli Assassini, la cui origine risale all'occupazione crociata della Palestina, quest'ultimo appare determinato a contrastare i piani di conquista del mondo dei suoi nemici, eredi a loro volta dell'Ordine Templare, e impersonati nello specifico del Rinascimento dalla famiglia Borgia. Nella sua scalata (metaforica e non, visto l'agilità con cui si sposta da un tetto all'altro, prima a Firenze e in seguito nella Città Eterna), il protagonista non può fare a meno di servirsi di alcune apparecchiature sviluppate appositamente per lui da Leonardo in persona, quali una coppia di lame celate sotto la manica, per eliminare guardie e personaggi di spicco senza perdere la propria  copertura, alcuni ganci da arrampicata e perfino un prototipo di pistola da polso. Nel corso della sua avventura, Ezio si rivolge periodicamente al suo fornitore ufficiale per riparare l'equipaggiamento ed eventualmente aggiornarlo, senza dimenticare di svolgere in cambio alcuni favori a tutto vantaggio di Da Vinci, come ad esempio evitare che le macchine da guerra descritte in questo post cadano nelle mani dei Borgia-Templari. Una florida collaborazione descritta da questo video In-Game:




lunedì 13 maggio 2013

La Guerra nella cassetta delle lettere

Ecco una piccola raccolta dei francobolli che catturano istanti significativi del primo conflitto mondiale; solitamente si tratta di edizioni celebrative pubblicate in onore delle ricorrenza di qualche anniversario, oppure a memoria degli avvenimenti che hanno segnato la storia della nazione (colonna di sinistra), ma non mancano nemmeno gli esempi di francobolli originali del periodo, talvolta emessi per finanziare la stessa campagna bellica (colonna di destra).